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Cinque libri sullo spirito del Natale

Coll’approssimarsi della pletorica festa, coll’infittirsi luministico e pubblicitario degli impulsi estetici che ci suggeriscono, nelle strade della nostra città, che è arrivato il Natale, ecco, rigorosamente in serie di cinque, dei libri che raccontano meglio di altri lo spirito di queste giornate.
A cura di Luca Marangolo
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Natale arriva sempre più raramente.  Manti innevati avvolgono le metropoli e il dissesto idrogeologico sconvolge i nostri territori: le date del calendario si avvicendano sempre più freneticamente approssimandosi alla manciata di giorni festivi in cui ci si riunisce a tavola e si mangia; e mano a mano che le ore scivolano verso i momenti che segnano la fine dell’anno e annunciano l’anno nuovo, le strade diventano colorate e affollate, riempite dalla gente disposta a spendere e a regalare.

Cos’è più importante, verrebbe da chiedersi, il Natale o l’arrivo del Natale? La grande abboffata o il lungo processo sociale e culturale che smuove le masse natalizie, le riversa nel centro città e, comprimendole le une alle altre fra lunghe teorie di grandi magazzini, le immerge in meravigliose fantasmagorie di vischio e pungitopo,  luci colorate e faccioni con la barba lunga; non ha forse più valore il lungo processo che riempie la città di chiasso, di gioia, compere, desiderio, amore,  consumo, affetto familiare, bontà, innocenza e schiavitù pubblicitarie di ogni genere e tipo? Amore e godimento, affetto e cibo, paternità, maternità, nonnità, nipotaggine e giocattoli, questi gli intramontabili paradossi cui ci ha abituato il gioioso rito natalizio: la festa in cui esplodono i colori, lo spirito che anima tutti noi ci spinge a sentirci legati, ed il legame sociale che ci accomuna a Natale è esaltato.

Oggi vorremmo parlare di alcuni libri che hanno esplorato il Natale, ne hanno indagato le pieghe più macabre e gli intimi paradossi, ne hanno messo in risalto la bellezza, il calore, la magia, la gioia, ne hanno fatto respirare la profonda umanità.Tutti i libri che saranno introdotti, ci sembra, sono riusciti a penetrare nel profondo più profondo dello spirito del Natale. Ecco a voi, dopo questa verbosa ma necessaria introduzione, cinque libri che interpretano il senso del Natale.

Scrooge in una riduzione teatrale
Scrooge in una riduzione teatrale

Il primo posto è quasi ovvio:  A Christmas Carol di Charles Dickens è il più famoso dei cinque Christmas Books che Dickens compose negli anni 40 dell’Ottocento ed è una delle manifestazioni più vivide di quella grande forma di compromesso sociale che era la cultura vittoriana. Si tratta di un testo in cui l’immaginario grottesco e bozzettistico, già sottolineato da Mario Praz in Dickens, si fonde con una certa tendenza alla drammatico, al melodrammatico e al fantastico. È la storia dell’avaro Ebenizer Scrooge, taccagno da far schifo, la cui vita, nei giorni di Natale, si trasforma d’improvviso nel grande palco di un Morality Play, una rappresentazione sacra in cui un uomo comune (detto Everyman) è costretto a scegliere fra il bene e il male, è costretto a comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato. E così l’odiato Scrooge viene proiettato da tre spettri in dimensioni temporali parallele (nel passato, nel presente e nel futuro) in cui può vedere quanto male ha fatto la sua tirchieria, a quanta solitudine ha condotto il suo comportamento antisociale. A Christmas Carol, assieme a A Cricket on the Hearth, the Chimes, The Haunted Man e The Battle of Life, rappresenta un vero capolavoro della letteratura sul Natale, se ne esiste una, pregno di uno dei valori estetici più fecondi della letteratura ottocentesca in generale e della letteratura vittoriana in particolare: la commozione, il sentimentalismo e diciamola tutta, il dolce piagnisteo.

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Pieno di sentimentalismo genuino, A Christmas Carol riflette nel modo più profondo i paradossi legati al Natale di cui abbiamo parlato prima. il bisogno di amore, di abbandono all’affetto e al godimento in una società strutturata, organizzata e pensata all’opposto: il contraltare dell’epoca a A Christmas Carol è infatti la nuova Poor Law, una legge di ispirazione liberale che, nata ufficialmente con lo scopo di favorire i poveri, fu una delle cause più tremende di povertà, nell’Ottocento. Con il suo bisogno di conciliazione sociale, di affetto, di bontà e amore, A Christmas Carol fa risaltare tutte le contraddizioni sociopolitiche del vittorianesimo che, come si diceva, sono anche le nostre. Quanti archetipi sono nati da A Christmas Carol? Da zio Paperone, a La vita è meravigliosa, dal film con Bill Murrey a quello con i Muppets, tutti i beneamati minestroni di cui si riempiono i calderoni televisivi nelle vigilie occidentali.

Al secondo posto abbiamo deciso di mettere The Corrections di Jonathan Franzen. Quando è uscito l’ultimo acclamatissimo libro di Franzen, Libertà, molti critici hanno accusato l’autore di non avere il talento visionario di Wallace o la prosa avvincente di Pynchon, di essere insomma (e si rammenta soprattutto un giudizio di Harold Bloom) un po’ grigio. Ma Franzen è un grande narratore, e questo libro, che è ormai classico sul Natale, lo prova. È un fantastico affresco familiare, di un tipo di famiglia, quella Yankee, molto diversa dalle nostre, in cui l’individualità di tutti i personaggi, dal padre Alfred, deluso dal mondo, alla madre Enid, che vive per la famiglia, spiccano con grande vigore. Le correzioni è un eccellente ritratto del nucleo domestico anglosassone, atomistico com'è, pieno di digressioni e di riflessioni sul ruolo dell’individuo all’interno dell’istituzione familiare: istituzione che sembra desiderata da questi personaggi, ricercata in un modo complesso e talora contraddittorio. Leggendo Le correzioni si ha l’impressione di un’opera scritta in modo magistrale, in cui lo spazio della narrazione è gestito con tale sottigliezza da risultare inattuale, rispetto ad altre opere narrative, ma in un senso positivo: una narrazione impeccabile di una cena di Natale, in cui ribollono gli animi e tutte le persone che prendono parte a questa riunione di famiglia hanno qualcosa da dirci.

Al terzo posto metteremmo Natale in casa Cupiello del grande Eduardo. Messa in scena per la prima volta nel 1931, Natale in casa

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Cupiello è un altro ritratto di famiglia, anche se si tratta di una famiglia diversa da quella di cui parla Franzen, una famiglia più nostra. È forse una delle opere-manifesto del teatro di prosa di Eduardo de Filippo, in cui dramma, melodramma, tensione drammatica e tragicomico si fondono trovando un equilibrio unico. Natale in casa Cupiello, per chi ancora non l’ha mai vista o letta, è un’opera teatrale tutta basata sulla tensione che cresce fra i personaggi, sull’esposizione, con alcuni accenti da commedia dell’arte, dei ruoli, degli schemi, delle dinamiche delle famiglia nostrana, per poi crescere magistralmente, lungo i tre atti, in tensione. I personaggi di Natale in casa Cupiello offrono un saggio eccellente di teatro drammatico, di prosa, dove la scena guadagna progressivamente lo spazio dell’interiorità e la farsa è in grado di rivoltarsi abilmente in tragedia. Non c’è bisogno, del resto, di insistere molto sul valore del Teatro di Eduardo de Filippo, unanimemente riconosciuto: varrebbe piuttosto la pena di preservare l’assoluta freschezza di cui è capace il suo testo, cercando di svellerlo un po’ da tutto il peso dell’abitudine, della tradizione che questa piéce ormai porta con se ogni volta che viene Natale.

Al quarto posto segnaliamo I figli di Babbo Natale, di Italo Calvino. Chi scrive non prova una particolare passione per lo scrittore del Barone Rampante e del Visconte dimezzato, c’è da dire però che la serie di Marcovaldo e le stagioni delle città rappresenta un momento, per quanto isolato, di estremo equilibrio nella prosa di Italo Calvino. Qui traluce un Calvino dallo stile più dimesso e meno effervescente rispetto alle Città invisibili e Se una notte d’inverno un viaggiatore, un Calvino la cui scrittura riflette una pacata ma incisiva protesta urbana: l’ironia serve all'autore per difendersi dagli attacchi costanti cui l’uomo medio, il suo Marcovaldo, è sottoposto ad opera della società dei consumi, e appena prima l'eccessiva e talora si direbbe quasi frenetica e incontrollata sperimentazione linguistica e metaforica di testi come T con Zero o il Viaggiatore, qui Calvino trova una voce quasi crepuscolare, una pacatezza che, a parere di chi scrive, è proprio quella del Calvino migliore. Ne I figli di Babbo Natale Marcovaldo si traveste da Babbo Natale per portare regali ai figli degli industriali e suo figlio Michelino, nella circostanza, combinerà dei guai che renderanno questa fiaba natalizia molto magica.

E, per finire, l’ultima opera sul Natale che vi consigliamo di leggere è Cattivo Natale. Racconti neri, fantastici e crudeli, per la festa

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più attesa dell’anno. Una bella antologia pubblicata dall’editore Zero91 che contiene diciassette racconti a tema natalizio, opera delle più grandi firme, alcune dimenticate, dell’Ottocento italiano e dei primi Novecento: ci sono due racconti di Pirandello, un testo di Pascoli dal titolo Il ceppo, un racconto di Verga ed altri di altri autori spesso dimenticati come Boito, De Marchi o Serao. Questa pubblicazione sembra aver valore per più di una ragione: in primo luogo perché permette di leggere racconti che altrimenti sarebbe difficile reperire, trattandosi di vere e proprie chicche, meno conosciute anche per gli autori più celebri. E poi soprattutto perché la raccolta è concepita molto bene, in modo da mostrare come evolve l’immagine del Natale, come diventa sempre più appannaggio della proliferante cultura borghese, facendo affiorare, di pagina in pagina, le contraddizioni che abbiamo esposto sopra.

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