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Chi è Francesco Amato, il condannato che ha preso in ostaggio i dipendenti delle Poste

Francesco Amato è stato condannato in primo grado a 19 anni di carcere nel processo Aemilia, perché considerato parte dell’associazione ’ndranghetistica. Dopo la sentenza, si è dato latitante per giorni. Poi è riapparso questa mattina, quando ha fatto irruzione armato di coltello alle Poste di Pieve Modolena: “Voglio parlare con Salvini!”. Si è arreso nel pomeriggio.
A cura di Biagio Chiariello
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"Vi ammazzo tutti. Sono quello condannato a 19 anni, mia madre è in questo ufficio da 6 anni”. Erano le 8,30 di questa mattina quando Francesco Amato, condannato nel processo Aemilia e destinatario di un ordine di carcerazione, ha fatto irruzione all’interno dell’ufficio postale di Pieve Modolena, frazione di Reggio Emilia, brandendo un coltello da cucina, dove erano presenti 4/5 dipendenti e 7 clienti. I clienti sono usciti dal locale, Amato è rimasto all’interno con una funzionaria e altri quattro dipendenti (una donna è stata fatta uscire dopo un'ora) per circa mezza giornata: alle 16.43 si è arreso. Sul posto sono intervenuti polizia e carabinieri.

Chi è l'uomo che ha preso in ostaggio i dipendenti delle poste

Francesco Amato, 55 anni, è stato condannato lo corso 31 ottobre a 19 anni e un mese di reclusione nel processo Aemilia (lo stesso che ha visto condannare anche l’ex calciatore Vincenzo Iaquinta), con l'accusa di essere uno degli organizzatori dell'associazione ‘ndranghetistica. Assieme al fratello Alfredo, secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bologna era "costantemente in contatto con gli altri associati (e della famiglia Grande Aracri) in particolare per la commissione su richiesta di delitto di danneggiamento o minaccia a fini estorsivi, commettendo una serie di reati". Sono già definitive in Cassazione le condanne per i promotori dell'associazione a delinquere di stampo mafioso contestata dalla Dda, che nel 2015 fece scattare oltre 160 arresti, assestando un forte colpo alla "‘ndrangheta imprenditrice".

La testimonianza di Amato

“Ho commesso decine di furti, ho imputazione per porto abusivo di arma, non ho mai avuto a che fare con la droga perché lì duri un paio di anni poi ti prendono” era stata la testimonianza di Amato, come riporta la Gazzetta di Reggio: “Ma non ho avuto contatti con nessuna delle altre persone qua al processo. Come fanno a dire i pm che da quando c’è stato l’arresto, nel 2015, fino al 2018, io ho continuato a delinquere con la ’ndrangheta in questo periodo?”. Il suo sfogo davanti ai giudici: “Ho 55 anni, sono andato spesso in galera. Non ho mai avuto il 416bis in Calabria e adesso lo prendo a Reggio Emilia? Mi sembra impossibile”.

Non nuovo a gesti eclatanti

Due anni fa, all’inizio del processo, Amato aveva affisso un cartellone provocatorio davanti al tribunale di Reggio Emilia, scritto a pennarello, con diverse accuse. Si era quindi autodenunciato in aula definendosi l'autore di quelle scritte in cui, diceva, "era anche contenuto il nome dell'autore delle presunte minacce al presidente del tribunale di Reggio Emilia, Cristina Beretti", per le quali sono state arrestate nelle scorse settimane due persone, tra le quali un sacerdote.

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