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Catania, supermarket della droga h24: un bimbo di 6 anni spacciava cocaina e marijuana

L’organizzazione criminale garantiva un guadagno medio di 2mila euro giornalieri. Le vendite erano praticamente ininterrotte e avvenivano anche sui balconi di casa. Il blitz dei carabinieri nel rione periferico di Librino dopo le indagini della Direzione distrettuale antimafia.
A cura di Biagio Chiariello
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C’era anche un pusher di appena 6 anni in quella che era una delle piazze di spaccio più remunerative di droga a Catania, quella del quartiere periferico di Librino. Forse si immaginava di giocare, mentre vendeva le dosi di cocaina e marijuana agli avventori giornalieri. È uno dei particolari emersi a seguito dell’operazione antidroga che ha portavo all'esecuzione di 36 arresti da parte della della Direzione distrettuale antimafia: tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di cocaina e marijuana per conto di Cosa nostra catanese. L’operazione è stata denominata “Km zero”. Nel blitz dei carabinieri, coordinato dalla procura distrettuale, è stato passato al setaccio un intero agglomerato: oltre 200 i militari impiegati e un centinaio le perquisizioni in quello che è considerato il più redditizio ‘supermarket' della droga.

Il bimbo figlio della compagna di uno degli arrestati

Lo spaccio di droga nel catanese fa capo a Rosario Lombardo del clan Santapaola, pluripregiudicato e agli arresti domiciliari per motivi di salute, già responsabile, sino al momento del suo ultimo arresto, lo scorso luglio, di tutte le piazze di spaccio del clan. Il bambino è il figlio della compagna di uno dei pusher arrestati. “A questo bambino è stato sottratto il futuro", hanno detto gli investigatori durante la conferenza stampa a Catania. Il bambino veniva utilizzato durante la fase di spaccio con diverse modalità. Gli investigatori hanno sottolineato che si cercherà di "recuperare al più presto" il minorenne.

Duemila euro di guadagno al giorno con lo spaccio

Nello specifico, il gruppo criminale era strutturato secondo un’organizzazione di tipo piramidale i cui componenti ricoprivano ruoli precisi. La vendita dello stupefacente cessioni veniva ripetuta sino a 200 volte al giorno, e non conosceva sosta, se non nelle prime ore del mattino. Il guadagno si aggirava intorno ai duemila euro giornalieri. Secondo gli inquirenti, gli arrestati spacciavano anche sui balconi. Per garantire maggiore sicurezza alla rete di pusher, oltre al collaudato impianto di tre vedette presenti nell’area, l’acquirente doveva prima contattare uno spacciatore che, ricevuta la richiesta, si recava dalla persona che custodiva la droga che a sua volta, da posizione sopraelevata, con l’ausilio di una corda, forniva la merce richiesta al pusher (anche per evitare che eventuali interventi di polizia potessero portate al sequestro di ingenti quantitativi di stupefacente con conseguente grave danno per l’organizzazione).

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