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Cassazione, per violenza sessuale completa possibile riduzione della pena

Annullata (con rinvio) la condanna di un uomo di 48 anni L’imputato si era difeso sostenendo che andava valutata la “qualità” del gesto e non la quantità, adducendo che le violenze avvenivano solo quando lui era ubriaco.
A cura di B. C.
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Chi è accusato di violenza sessuale può ottenere l’attenuante – con relativo sconto di pena – di aver commesso un fatto “di minore gravità” anche nel caso di violenze carnali “complete” ai danni delle donne. E’ quanto sostiene la Cassazione, a differenza invece della Corte di Appello di Venezia lo stupro completo non è mai di “minore gravità”. In particolare, la Terza sezione penale ha accolto il ricorso di un 48enne veneto condannato (non è stato specificato a quanti anni) per maltrattamenti in famiglia e per violenza sessuale ai danni della moglie. L'imputato si è difeso in Cassazione chiedendo le attenuanti alla luce del fatto che – a detta della difesa – le violenze avvenivano solo quando lui era ubriaco. Secondo i giudici della suprema corte, la “tipologia” dell’atto “è solo uno degli elementi indicativi dei parametri” in base ai quali stabilire la gravità della violenza e non è un elemento “dirimente”. La Cassazione ha osservato che “così come l'assenza di un rapporto sessuale ‘completò non può, per ciò solo, consentire di ritenere sussistente l'attenuante, simmetricamente la presenza dello stesso rapporto completo non può, per ciò solo, escludere che l'attenuante sia concedibile, dovendosi effettuare una valutazione del fatto nella sua complessità”.

Violenze sessuali commette sotto l'influenza dell'alcol

Nel suo caso, da parte dei giudici d’appello sarebbe “mancata ogni valutazione globale”, in particolare “in relazione al fatto che le violenze sarebbero sempre state commesse sotto l’influenza dell’alcol”. In proposito, la Cassazione evidenzia “ai fini della concedibilità dell’attenuante di minore gravità, assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili, attesa la `ratio´ della previsione normativa, al grado di coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni fisiche e mentali di quest’ultima, alle caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all’età, all’entità della compressione della libertà sessuale ed al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici”. Se così non fosse, – proseguono i giudici – si ripresenterebbe la “vecchia distinzione, ripudiata dalla nuova disciplina, tra ‘violenza carnale’e ‘atti di libidine’ che lo stesso legislatore ha ritenuto di non focalizzare preferendo attestarsi sulla generale clausola di ‘casi di minore gravità”.

Pertanto, la circostanza attenuante “deve considerarsi applicabile in tutte quelle volte in cui – avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell’azione – sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera non grave”. È questo dicasi anche per il caso citato, nel quale la Corte di appello di Venezia aveva fatto riferimento, per negare l’attenuante, “ai plurimi rapporti sessuali completi ottenuti con la violenza e senza il minimo rispetto della dignità e libertà di determinazione della donna”. Per la Cassazione, invece, è necessaria “una disamina complessiva, con riferimento alla valutazione delle ripercussioni delle condotte, anche sul piano psichico, sulla persona della vittima”, perché i giudici non possono fare come i magistrati della Corte di Appello veneziana che si sono “limitati” a “descrivere il fatto contestato, necessariamente comprensivo, per stessa definizione normativa, di violenza senza tuttavia analizzarne, come necessario, gli effetti”.

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