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Cassazione: “Il saluto fascista va condannato, è un fatto grave”

Il saluto fascista deve essere condannato: a stabilirlo è la Cassazione, secondo cui non è possibile applicare il principio di “non punibilità per particolare tenuità del fatto”, essendo il saluto romano riconducibile a una “manifestazione tipica di un’organizzazione politica perseguente finalità vietate” e quindi disciplinata dalla legge Reale-Mancino che non prevede questa possibilità.
A cura di Stefano Rizzuti
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Chi esegue il saluto fascista deve essere condannato. A chiarirlo è la Cassazione, confermando la condanna di un avvocato che nel 2013, durante una seduta pubblica della commissione congiunta del Consiglio comunale di Milano su sicurezza e coesione sociale sul piano Rom, aveva fatto, appunto, il saluto romano. Secondo la Cassazione si tratta di una “manifestazione esteriore tipica di un’organizzazione politica perseguente finalità vietate” sulla base della legge Reale-Mancino, a cui non è possibile applicare il principio della “non punibilità per particolare tenuità del fatto”.

Il caso riguarda l’avvocato che era stato organizzatore di una protesta a piazza San Babila, convocata nella stessa giornata, proprio contro il piano Rom. E per impedire che questo regolamento venisse applicato, l’imputato era stato invitato a partecipare alla seduta consiliare. Un consigliere ha quindi chiesto, durante la riunione, se ci fossero gli organizzatori e lui ha prontamente risposto “a voce alta”: “Presenti e ne siamo fieri”. E, allo stesso tempo, ha effettuato il saluto fascista, ripreso peraltro con un cellulare da una cronista.

L’avvocato era quindi stato allontanato dall’aula e, durante i processi, i giudici lo avevano condannato alla pena di un mese e dieci giorni di reclusione, oltre che al pagamento di una multa da 100 euro. L’imputato, a suo difesa, aveva spiega che si era “limitato ad alzare solo la mano” per poter “segnalare la sua presenza”. Tanto che nel ricorso presentato in Cassazione aveva ribadito che si “imponeva alla luce delle circostanze di tempo e di luogo” la concessione dell’esimente, per quella che lui stesso definiva tenuità del fatto. Il ricorso, però, è stato ora respinto dai giudici della Cassazione, condannando anche l’uomo a pagare le spese processuali, e ribadendo le motivazioni con cui la Corte d’appello di Milano aveva ricondotto il gesto a una “precisa volontà tesa a rivendicare orgogliosamente il suo credo fascista”.

Secondo quanto riportato nella sentenza, depositata dalla prima sezione penale, “il saluto romano costituisce una manifestazione gestuale che rimanda all’ideologia fascista e ai valori politici di discriminazione razziale e di intolleranza”. Inoltre, la Cassazione ha ricordato che già in passato aveva dichiarato infondata la questione di costituzionalità della legge Reale-Mancino per quanto riguarda la possibilità di manifestare liberamente il proprio pensiero che – si legge nella sentenza – “cessa quando trasmoda in istigazione alla discriminazione e alla violenza di tipo razzista”.

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