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Carnevale: le maschere più irriverenti della tradizione napoletana, da Pulcinella a Tartaglia

Costumi e caratteristiche inconfondibili, quelle che arricchiscono l’immaginario carnevalesco. Soprattutto a Napoli, il Carnevale è da sempre una tradizione fortemente sentita dal popolo, che ha dato vita ad alcuni dei personaggi più famosi della storia.
A cura di Federica D'Alfonso
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"Pulcinella innamorato" di Giandomenico Tiepolo.
"Pulcinella innamorato" di Giandomenico Tiepolo.

Il Carnevale, soprattutto al Sud, ha origini antichissime legate agli antenati greci e romani. Un insieme di riti pagani e cristiani, in cui i vecchi Baccanali si confondono con le celebrazioni della Quaresima: tutta Italia è disseminata di antiche tradizioni, e quelle più note ed irriverenti sono senza dubbio quelle napoletane. Un modo, quello del Carnevale, di stigmatizzare paure ed ansie per l’anno a venire, e soprattutto un forte strumento politico per ironizzare sul potere: da Pulcinella a Tartaglia, ecco la storia delle maschere più irriverenti e bizzarre della tradizione partenopea.

Soprattutto a Napoli i fasti legati al Carnevale si radicano nell’anima più profonda del popolo, che fin dai tempi del Viceregno Spagnolo riempivano i vicoli e i quartieri della città con maschere, balli e tarantelle. La festa durava per oltre un mese, inaugurata dal celebre “cippo” di Sant’Antonio Abate, un grande fuoco sul quale finivano bruciati tutti gli oggetti vecchi, simbolo di rinascita e rinnovamento. Enormi carri decorati con cibo e prodotti succulenti attraversavano le vie della città, mentre le numerose maschere della tradizione prendevano vita.

Pulcinella, simbolo di Napoli

Il trionfo di Pulcinella, di Giandomenico Tiepolo (1760).
Il trionfo di Pulcinella, di Giandomenico Tiepolo (1760).

La maschera più antica, e decisamente la più famosa, è sicuramente quella di Pulcinella: le sue origini sono incerte, probabilmente confuse fra gli antichi rituali delle Atellane e la più moderna Commedia dell’Arte: certo è che nei secoli Pulcinella non ha mai perso quelle caratteristiche che lo hanno reso il simbolo della città e dello spirito popolare più autentico. La versione più accreditata circa le sue origini è che l’adunca maschera nera sia stata ispirata da un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello: la faccia indurita dal sole e il naso adunco sono così diventati, nascondendo l’ingenuità, l’euforia e la miseria, la maschera più famosa di Napoli.

Spagnoli e presunti dottori: la satira carnevalesca

La Commedia dell'Arte nel XVIII secolo.
La Commedia dell'Arte nel XVIII secolo.

Meno conosciuti ma senz'altro altrettanto rappresentative della storia popolare partenopea le maschere di Scaramuccia e di Tartaglia. La prima è ispirata ai modi e agli abbigliamenti di un Capitano spagnolo, vestito di tutto punto con cappello piumato, scarpe lucenti e spada: i documenti raccontano di grandi sfilate per le vie di Napoli in cui decine di Pulcinella accompagnavano lo Spagnolo per le vie della città aizzandolo, con grida e scherni, a ballare la tarantella Una tradizione profondamente radicata nelle vicende storiche della città, la cui dominazione straniera viene riletta e reinterpretata con schiamazzi e prese in giro.

La sua storia si confonde con quella di “Giangurgolo”, macchietta anch’essa ispirata all’esercito spagnolo: instancabile donnaiolo e irrefrenabile mangiatore, il suo personaggio nasce dall’incontro della cultura napoletana con quelle del profondo sud. Parla un calabrese sporcato di napoletano, e il suo ruolo all’interno del colorato Carnevale è proprio quello di mettere in ridicolo i numerosi contadini della Calabria che al tempo affollavano la città in cerca di fortuna.

Inconfondibile tonaca verde scuro, enormi occhiali e una parrucca bianca e rossa sono stati per secoli i tratti distintivi del “dottor” Tartaglia: personaggio infimo ma dotato di grande autostima, convinto di essere il medico migliore della città, sfilava con i suoi attrezzi del mestiere per le strade e attraverso la gente, protagonista molto spesso di scenette e gag esilaranti.

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