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C’è aria di scissione all’interno del Partito Democratico?

Il Pd verso la scissione una scissione a primavera?
A cura di Charlotte Matteini
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C’è aria di scissione all’interno del PD e questa volta la spaccatura appare insanabile. Le contestazioni civatiane della prima ora sembrano nulla in confronto ai problemi che il PD si trova ad affrontare in questi ultimi giorni di fuoco. Non solo le dimissioni di Cofferati dopo lo scandalo delle primarie liguri taroccate, su cui presumibilmente verrà aperta un’inchiesta su esposto dell’europarlamentare, ora a colpire arriva anche la tegola dell’Italicum: la riforma della legge elettorale rischia di non passare in Senato. L’ultimo capitolo della tormentata saga delle riforme renziane vede 29 senatori della minoranza del PD e 10 del fronte NDC/UDC, capitanati da Roberto Formigoni, che potrebbero decidere di votare compatti l’emendamento all’Italicum del bersaniano Miguel Gotor, che propone le preferenze diminuendo in modo consistente il numero dei capilista bloccati, emendamento su cui potrebbero convergere, oltre ai 39 potenziali dissidenti di Governo, anche i senatori del Movimento 5 Stelle, Fratelli D’Italia e i fittiani di Forza Italia, da sempre contrari alle liste bloccate.

Il documento del dissenso è stato presentato durante l'assemblea del PD, provocando lo scontro: in 79 hanno preferito sostenere la proposta  originale del segretario Matteo Renzi, 29 invece hanno sottoscritto il documento Gotor e disertato l’assemblea. Il ministro alle riforme Maria Elena Boschi ha dichiarato “legittimo il dissenso della minoranza”, ma allo stesso tempo ha ribadito la necessità di votare l'Italicum a maggioranza renziana così com’è stato approvato dall’assemblea del partito. A ben vedere sembra che la reggenza del Partito Democratico permetta sì alla minoranza di manifestare il proprio dissenso, ma solo all’interno delle mura del Nazareno. Ma in Aula, no. In Aula il PD pretenderebbe di imporre a deputati e senatori le decisioni dei vertici. Una sorta di vincolo di mandato, né più né meno. Lo stesso Cofferati, parlando all’Ansa ha dichiarato: “Renzi ha un'idea disinvolta della moralità politica. La semplificazione di quanto accaduto in Liguria è frutto degli obiettivi di Renzi. A lui dà fastidio la dialettica interna, con gli oppositori interni non cerca il confronto. Ad esempio sulla legge elettorale discutono con tutti tranne che con la minoranza del partito". Non è certo la prima volta che le riforme renziane si trovano ad affrontare una crisi di partito, ma fin’ora Matteo Renzi era sempre riuscito a salvarsi, grazie a leggi delega in bianco e al sostegno di una maggioranza trasversale certa, seppur risicata. Questa volta, invece, lo scenario sembra potrebbe davvero mutare a suo sfavore.

Da molto tempo all’interno del PD si susseguono proteste e malumori che mirano a minare la deriva verticistica e personalistica della reggenza renziana, questa non è una novità. Ma adesso la spaccatura nel PD è ormai evidente, la minoranza non ci sta più a recitare la parte del pungiball. Civati minaccia la scissione e propone di andare a elezioni anticipate, considerando ormai inesistente la maggioranza di Governo. I continui cambi di casacca di deputati e senatori e le confuse relazioni instaurate tra i vari gruppi parlamentari rendono precario l'equilibrio del Governo Renzi. Assicurare la normale continuità istituzionale in queste condizioni è pressoché impossibile, improbabile arrivare al 2018 con una maggioranza così mutevole e risicata. La scissione all’interno del PD appare ormai un'ipotesi più che concreta, a cominciare dalla Liguria, e se dovesse davvero vedere la luce a primavera come si vocifera, potrebbe senz'altro fungere da traino anche a livello nazionale. E a quel punto, probabilmente, il Governo Renzi si troverebbe con le spalle al muro e le elezioni anticipate non sarebbero più ipotesi così remota.

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