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Buona Scuola, Consulta: “Anche i docenti di ruolo possono partecipare ai concorsi”

Il caso era stato sollevato dal Tar del Lazio a cui si erano rivolti due docenti, già assunti a tempo indeterminato, per essere stati esclusi da un concorso pubblico.
A cura di Annalisa Cangemi
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Docenti ancora in polemica per la Buona Scuola. Questa volta a dar loro ragione ci pensa la Corte Costituzionale, che ha bocciato la riforma, in particolare la parte che prevedeva l'esclusione dei docenti di ruolo dai concorsi.

Con una sentenza pubblicata ieri (la numero 251, relatore Giuliano Amato), la Consulta ha dichiarato illegittima una norma della legge che impediva ai docenti di ruolo di poter partecipare ai concorsi pubblici, pur essendo già in possesso di un contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali. Il personale docente già assunto tramite un concorso pubblico potrebbe comunque voler migliorare la propria posizione.

La pronuncia è destinata ad applicarsi anche ai prossimi concorsi di reclutamento degli insegnanti. La questione era stata sollevata dal Tar del Lazio, a cui si erano rivolti due prof di ruolo che erano stati esclusi dalla partecipazione ad un concorso in quanto già assunti con contratto a tempo indeterminato. L'articolo 1, comma 110, della legge di riforma della scuola del 13 luglio 2015, n. 107, si fondava su due requisiti: la durata del contratto (a tempo determinato o a tempo indeterminato) e la natura del datore di lavoro (scuola pubblica o scuola paritaria). "Tuttavia, nessuno di tali criteri – si legge nella sentenza – appare funzionale all'individuazione della platea degli ammessi a partecipare alle procedure concorsuali, le quali dovrebbero viceversa essere impostate su criteri meritocratici, volti a selezionare le migliori professionalità". Inoltre, "la ratio dell'esclusione in esame non può essere ravvisata nella finalità di assorbimento del precariato".

Secondo la Corte costituzionale il caso in questione non metteva in contrapposizione un prof già stabile con l'emergenza del precariato: "se è pur vero che non sono equiparabili, ai fini dell'interesse alla partecipazione al concorso, le posizioni dei docenti precari della scuola statale, i quali puntano a ottenere un posto di lavoro, rispetto a quella dei docenti assunti a tempo indeterminato, i quali ambiscono, invece, al miglioramento della propria posizione professionale, tuttavia tale considerazione non rileva nel caso in esame". E questo perché "l'obiettivo del tempestivo assorbimento del precariato è adeguatamente perseguito dal piano straordinario di assunzioni" previsto dalla stessa legge, che esclude appunto il personale già assunto a tempo indeterminato, mentre la norma impugnata ha a che fare con il sistema di reclutamento "a regime", quindi non riguarda più l'emergenza. La norma impugnata è dunque costituzionalmente illegittima perché "restringe irragionevolmente la platea dei partecipanti al pubblico concorso":  l'unico criterio per il reclutamento del personale docente resta dunque quello del merito.

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