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Brusca sulla strage di Capaci: “Serviva a fermare Andreotti”

Il pentito rivela: “Riina non voleva che il leader Dc diventasse presidente della Repubblica”. E per questo bisognava dare un segnale. Brusca ha deposto al processo sulla trattativa Stato-mafia nell’aula bunker di Milano.
A cura di Biagio Chiariello
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Totò Riina decise di massacrare prima l’eurodeputato Salvo Lima e poi Giovanni Falcone con il fine di arrestare la corsa alla Presidenza della Repubblica di Giulio Andreotti. Parola del superboss pentito Giovanni Brusca, deponendo al processo sulla presunta trattativa Stato-mafia nell’aula bunker di Milano. “Si parlò anche – ha affermato Brusca – di ‘rompere le corna’ ad Andreotti, ma non nel senso di ucciderlo, quanto di ostacolare la sua corsa alla presidenza”. Il collaboratore di giustizia ha confermato la sua versione sulle delle stragi del ‘92. “Perché Lima? – ha risposto ai pm – perchè si vociferava che Andreotti aspirava a diventare presidente della Repubblica, e l’omicidio di Lima, vicino ai cugini Salvo, lo avrebbe messo in difficoltà. Si è trattato di una vendetta con effetto politico”. Non solo Lima, Falcone e Borsellino comunque. "Nel corso di una riunione, nel '91, Totò Riina disse che dovevano morire tutti, che si voleva vendicare, che i politicanti lo stavano tradendo. Fece i nomi di Falcone, che era un suo chiodo fisso, di Borsellino, di Lima, di Mannino, di Martelli, di Purpura".

E ancora, il progetto stragista di Cosa Nostra prevedeva l'uccisione anche di Piero Grasso, attuale Presidente del Senato: "Riina – dice Brusca – intorno a novembre del 1992 mi disse che dovevamo dare un altro colpetto per farli tornare e pensammo così di colpire Piero Grasso". Secondo il pentito, infatti, Riina da una parte voleva dare un forte segnale allo Stato, dall'altra vendicarsi dopo che le richieste avanzate ai referenti Mafia nella Dc non avevano sortito alcun risultato. "Gli attentati del '92 erano finalizzati a fare tornare i contatti di Riina a trattare perché dopo il papello i rapporti si erano interrotti in quanto le richieste che avevamo fatto erano state ritenute eccessive", dice. Nei primi mesi del ‘92, riferice, a Roma c'era una squadra di Cosa Nostra incaricata di trovare il modo di uccidere Falcone: “Era un’idea di Provenzano – ha raccontato – ma Riina quasi lo trattò a pesci in faccia e disse che Falcone doveva morire in Sicilia. Allora mi diede l’incarico, era la seconda decade di marzo. Con la strage di Falcone abbiamo messo definitivamente messo fuori gioco Andreotti, con Lima era ancora in discussione, ma con la strage di Capaci l’effetto è stato definitivo”, ha detto ancora il pentito.

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