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Bossi: “Contro di me un processo politico, come sotto il fascismo. Si voleva distruggere la Lega”

Commentando la sentenza di condanna per appropriazione indebita, il fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, dichiara al Corriere della Sera: “È stato un processo politico. Come sotto il fascismo. Si voleva distruggere la Lega. Ed è normale che uno Stato che non frequenta troppo la democrazia utilizzi tutti i mezzi”.
A cura di Charlotte Matteini
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All'indomani della sentenza del tribunale di Milano che ha condannato Umberto Bossi, il figlio Renzo e l'ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito per appropriazione indebita, il fondatore del Carroccio si sfoga: "È stato un processo politico. Come sotto il fascismo", ha dichiarato Bossi al Corriere della Sera. "Dopo tutto quello che mi hanno fatto in questi anni, dopo tutto quello che hanno tirato fuori. Dopo avermi trascinato in tribunale lei pensa che potessero dire di essersi sbagliati? Macché… Piuttosto che ammetterlo, a un certo punto, hanno anche mandato via il pubblico ministero che aveva iniziato il processo. Si voleva distruggere la Lega. Ed è normale che uno Stato che non frequenta troppo la democrazia utilizzi tutti i mezzi", prosegue il Senatùr. "Sono riusciti a farmi saltare da segretario della Lega. Questo era l’obiettivo. Se ne sono sentite di ogni colore, per mesi tutti i giorni sui giornali e in televisione a dire che io avevo preso i soldi. Io non ho preso un ca…. Mi dispiace soltanto perché non era quello che serviva al Nord", sostiene Bossi.

Ma la Lega si è però ripresa. Il progetto contro di lei è fallito?
«Non è la Lega che serve al Nord. La Lega che guarda a quelli che vivono qui e mandano i soldi a Roma… »

Salvini dice che lei «fa parte di un’altra era politica».
«Un’altra era, dice? Il Nord era schiavo prima ed è schiavo oggi».

Scusi, però: di chi sarebbe stato il complotto?
«Dei colonialisti. Qualcuno starà esultando oggi. Qualcuno starà stappando le sue bottiglie. Però, potranno gioire per poco. Perché il loro problema non si risolve e molto presto tornerà a galla».

Quale sarebbe il loro problema?
«Tenere in piedi il colonialismo. Mantenere un sistema in cui si ammazzano le imprese di tasse e poi di queste tasse ritorna poco o niente. Un residuo fiscale come quello della Lombardia o del Veneto, non può durare. Non può più. Loro sapevano che senza trascinarmi in tribunale non potevano avere la meglio».

Perdoni: ma quando dice «loro» di preciso a chi si riferisce?
«L’Italia è furba. Sa che la Padania sono trenta milioni di persone, un unicum nel mondo per la forza economica e del suo lavoro. Il colonialista è quello che mangia mentre gli altri lavorano. E così, il loro problema è sempre lo stesso: quello di andare avanti così. Non hanno nessuna voglia di cambiare».

E ora lei che farà?
«Che cosa dovrei fare? Combatto. Andrò avanti, fino in Cassazione».

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