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Boldrini: la ricerca del profitto genera “lavoro schiavo”

La presidente Boldrini interviene al Festival d’Europa rivolgendo il suo pensiero ai morti nel crollo in Bangladesh. Le aziende occidentali, denuncia, devono stare attente a non lasciarsi guidare dal mero profitto smantellando i diritti fondamentali delle persone.
A cura di Laura Murino
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La presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, ha levato ancora una volta la voce in difesa dei diritti umani. Durante il suo intervento, allo “State of the Union” in occasione del Festival d'Europa a Firenze , ha rievocato il tragico crollo in Bangladesh del palazzo nel quale hanno perso la vita più di 900 lavoratori. Le condizioni di lavoro nel paese asiatico, come in molti altri paesi di tutto il mondo, sono estenuanti: orari di lavoro durissimi, sicurezza sul luogo di lavoro precaria e salari bassi, se non bassissimi. La Presidente della Camera dei Deputati punta il dito anche contro l’Occidente. Se non ci sarà un lavoro congiunto da parte dei governi locali e delle aziende occidentali per la preservazione dei diritti umani, ci si troverà continuamente di fronte ad episodi simili a quanto successo. Citando papa Francesco nell’ espressione “lavoro schiavo”, la Boldrini afferma che la “sfrenata ricerca di profitto delle aziende occidentali ed europee, è anche il risultato di una tendenza, da parte delle imprese private in tutto il mondo, a lasciare i paesi dove la normativa in materia di lavoro e la vigilanza dello Stato proteggono i lavoratori”, in virtù del profitto.

Secondo l’opinione della presidente, l’Europa, che storicamente è sempre stata in prima linea se non promotrice essa stessa di diritti e protezione sociale, in questi tempi difficili sembra aver cambiato rotta, rinunciando al suo “ruolo guida nella tutela dei diritti fondamentali”. Continua lanciando un’accusa, per niente velata, a quei paesi europei che, nel tentativo di rendere più sicure le frontiere, “hanno portato alcuni Stati membri – compreso il mio – a non rispettare il diritto internazionale, respingendo i rifugiati verso paesi dove rischiavano torture e trattamenti inumani o degradanti”. Non è certo un segreto la sua avversione verso la legge Bossi-Fini e quindi contro l’istituzione dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e  il reato di clandestinità. Unitamente a ciò, rileva la crescente e preoccupante presenza di “atteggiamenti meschini, vendicativi” che trovano espressione in forze estremiste dalle sfumature, non troppo velate, neonaziste dando vita nelle strade di molti paesi europei a gesti di violenza, soprusi e atti di intolleranza, in opposizione a uno dei principi fondanti dell’Unione Europea: la solidarietà.

Rivolge, inoltre, un appello ai mezzi di comunicazione “solidi, indipendenti e pluralistici”, che in alcune parti d’Europa subiscono gravi e preoccupanti restrizioni nella loro libertà d’espressione, affinché siano promotori e portatori di una cultura della responsabilità. Insieme alla presa di coscienza dell’opinione pubblica bisogna che vengano effettuate azioni rapide e decisive “contro i membri dell’Unione Europea che violano i diritti fondamentali” cercando di promuovere il modello sociale europeo che si rivolge sempre e costantemente verso le fasce più deboli della popolazione e nella salvaguardia dei diritti dei lavoratori.  Le parole e i toni accorati rivelano, ancora una volta, una vita spesa nella difesa dei diritti umani e della persona.

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