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Bertolaso, Meloni e Tosi: nel centrodestra romano siamo allo psicodramma

C’era una volta Guido Bertolaso, il candidato sindaco di Roma scelto dalla coalizione di centrodestra formata da Berlusconi-Salvini-Meloni. Sembrava filare tutto liscio, quando a un certo punto il leader della Lega Nord inizia a scalpitare: “Bertolaso non va bene, voglio la Meloni”. Inizia così lo psicodramma del centrodestra romano, che attualmente vede schierati in campo più candidati sindaco che elettori, tra cui un outsider: il veronese Flavio Tosi.
A cura di Charlotte Matteini
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Dello psicodramma del centrodestra che si sta consumando in queste ultime ore, chiunque ne sta parlando. Breve excursus: per le amministrative di Roma, la coalizione di centrodestra parte inizialmente formata dal trittico Forza Italia di Silvio Berlusconi – Fratelli D'Italia di Giorgia Meloni e Lega Nord di Matteo Salvini. La scelta del candidato è caduta su Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile – una decisione di Berlusconi, supportata inizialmente anche dalla Meloni. Un nome che però non ha mai convinto fino in fondo Matteo Salvini, il quale avrebbe preferito puntare sulla leader di Fratelli D'Italia e che non più di una settimana fa ha dichiarato: "Bertolaso? Non è il mio candidato". Così, tranchant. Proprio a causa della diffidenza mostrata da Salvini, lo scorso week-end hanno avuto luogo le "gazebarie", le primarie organizzate dalla coalizione romana, strumento utilizzato per cercare di sondare gli umori e capire se l'ex capo della Protezione Civile potesse realmente essere un nome gradito.

Al popolo del centrodestra romano, infatti, non è stato chiesto di scegliere tra vari candidati sindaco in corsa per la poltrona di Primo Cittadino della Città Eterna, come avviene alle primarie organizzate dal Partito Democratico, le modalità sono state leggermente differenti: il candidato era unico – Guido Bertolaso, per l'appunto, proposto da Berlusconi – e ai votanti è stato semplicemente chiesto di confermare o meno la scelta del leader di Forza Italia barrando sì o no. Stando ai dati resi noti il lunedì successivo, il 96,7 per cento dei votanti ha approvato la candidatura di Bertolaso a sindaco di Roma, con un afflusso di partecipanti che aver toccato 48mila votanti circa, dato che però non trova alcun riscontro ufficiale.

Nonostante la proposta di candidatura fosse stata avanzata già da settimane e confermata successivamente dagli elettori di centrodestra, il risultato dell'urna non è stato accolto così favorevolmente da Matteo Salvini, che ha infatti cercato di sparigliare le carte iniziando a sostenere tenacemente la candidatura di Giorgia Meloni. La Meloni, però, è incinta e proprio poche settimane fa ha dichiarato che avrebbe preferito evitare di condurre in prima persona una campagna elettorale del genere, a meno di non essere costretta dagli eventi. Complice un'infelice gaffe di Bertolaso, che durante il programma Fuori Onda ha sostenuto che la Meloni dovesse farsi da parte perché in stato interessante – assunto difeso il giorno successivo anche da Silvio Berlusconi – Meloni e Salvini decidono finalmente di alzare il sipario e annunciare ufficialmente la candidatura della leader di Fratelli D'Italia a sindaco di Roma.

Il centrodestra si spacca e psicodramma ha inizio. Non esattamente una grande prospettiva quella di avere due candidati – in rotta di collisione, per giunta – che puntano a conquistare lo scranno più alto di Roma, una città recentemente investita dall'inchiesta giudiziaria Mafia Capitale, inchiesta che ha trasversalmente colpito un po' tutti gli schieramenti presenti in Campidoglio. Insomma, con l'astensionismo che potrebbe farla da padrone, pensare di "spezzettare" ulteriormente la potenziale base elettorale non è una grande mossa a livello strategico.

I colpi di scena, però, non finiscono qui: nel pomeriggio del 15 marzo, l'ex leghista Flavio Tosi – veronese e attuale sindaco di Verona, riconfermato nel 2012 per un secondo mandato  – irrompe sulla scena politica con un annuncio clamoroso: "Sto pensando di candidarmi a sindaco di Roma". E siamo tre. Tre candidati? Ma no, sono anche di più, contando che anche Alfio Marchini, Francesco Storace e Simone Di Stefano hanno espresso la volontà di partecipare alla corsa elettorale. Insomma, l'intera destra romana pare abbia più candidati che potenziali elettori. Cosa succederà a Roma? Le divisioni favoriranno in qualche modo il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle? A livello puramente aritmetico potrebbe essere, ma si sa: i flussi elettorali non sono delle entità esattamente compatte e granitiche, la sorpresa è sempre dietro l'angolo. La domanda interessante è un'altra, però: cosa succederà ora a Milano, dove il tandem Berlusconi – Salvini sostiene compatto il candidato Stefano Parisi, ora che su Roma la stessa identica coalizione non solo si è spaccata, ma è anche sull'orlo di dichiararsi apertamente guerra? Chissà.

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