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Batterio killer in ospedale: il Veneto invia lettere a 10mila pazienti a rischio

A inviare le lettere è il gruppo tecnico messo in piedi dalla Regione Veneto “per la prevenzione e la gestione delle infezioni in soggetti sottoposti a intervento cardochirurgico”. Il batterio killer “chimera” è stato trovato nei macchinari dell’azienda LivaNova e ha provocato 16 casi di infezione con 6 decessi.
A cura di Susanna Picone
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Il Veneto ha deciso di inviare diecimila lettere a pazienti ritenuti a rischio perché operati in cardiochirurgia dal 2010 alla fine del 2017 che potrebbero aver usufruito di macchinari contaminati col Mycobacterium chimaera, un batterio pericoloso per l'uomo e in grado di manifestarsi anche molto tempo dopo essere entrato nell'organismo. A decidere di scrivere le lettere è stato il gruppo tecnico messo in piedi dalla Regione Veneto “per la prevenzione e la gestione delle infezioni in soggetti sottoposti a intervento cardiochirurgico”. Il batterio “chimera” è stato trovato nei macchinari dell'azienda LivaNova e ha provocato 16 casi di infezione (di cui 14 solo in Veneto) con 6 decessi. Ai pazienti che riceveranno la lettera la Regione dirà di contattare i reparti dove è stato fatto l'intervento. L'intenzione è capire se sono necessari controlli sulla presenza nel loro organismo del batterio killer. Anche l’Emilia Romagna ha richiamato con una lettera tutte le 10mila persone operate a cuore aperto in quegli anni.

“I pazienti riceveranno una scheda informativa contenente le informazioni sui sintomi e l'indicazione dei numeri di telefono da contattare per qualsiasi evenienza e per gli eventuali approfondimenti clinici necessari. I macchinari presenti nelle cardiochirurgie di tutti gli ospedali veneti sono già stati messi in sicurezza e, in alcuni casi, sostituiti. La Regione Veneto si sta tutelando nei confronti della ditta produttrice”, è quanto comunicato. Dalla Regione fanno sapere anche che il mycobacterium chimaera è generalmente non pericoloso per la salute umana: “Rari casi invasivi di infezione sono stati riscontrati in Europa e negli Stati Uniti, associati all'utilizzo di dispositivi di raffreddamento/riscaldamento necessari a regolare la temperatura del sangue durante interventi cardiochirurgici in circolazione extra corporea”.

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