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Bari, roghi nella ex discarica: morti di tumore 21 inquilini di uno stesso palazzo

Gravi formi di neoplasie letali a 21 inquilini di una palazzina del quartiere Japigia sarebbero collegate alle sostanze tossiche sprigionatesi dal sito comunale di via Caldarola, dismesso e bonificato ormai da 30 anni. La Procura però ha chiuso l’inchiesta con una richiesta di archiviazione perché è trascorso troppo tempo. Ma i familiari non ci stanno.
A cura di Biagio Chiariello
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Per anni hanno respirato le sostanze tossiche provocate dai continui roghi della ex discarica comunale di via Caldarola, a Bari, dismessa e bonificata ormai da 30 anni. Per questo motivo, ventuno inquilini di una stessa palazzina nel quartiere Japigia avrebbero contratto gravi formi di neoplasie che poi hanno portato alla morte.  Questa la conclusione alla quale è giunta l'inchiesta della procura del capoluogo pugliese, aperta dopo alcuni esposti: un quadro epidemiologico che “richiama fortemente quello riscontrato nelle aree della cosiddetta ‘terra dei fuochi’”, nel Casertano. Il pm Baldo Pisani ha però chiesto l'archiviazione; la discarica è stata chiusa nel 1971: è trascorso troppo tempo e dunque non sarebbe possibile perseguire il reato di morte come conseguenza di altro reato, peraltro ipotizzato a carico di ignoti. I familiari di alcune delle vittime hanno però fatto opposizione.

L'insorgenza di nuove diagnosi di neoplasia della popolazione residente nell'immobile di via Archimede 16 è "attuale e continua" evidenzia la procura. "Se si può ritenere che il reato di disastro ambientale sia ormai estinto per prescrizione, è invece pacifico che la consumazione dei reati di morte come conseguenza di altro reato, lesioni e omicidio colposo, si realizza al momento dell'insorgenza della malattia, in caso di lesioni, o alla data della morte, per l'omicidio colposo". E dunque, a detta dei familiari, i reati sono ancora perseguibili. Secondo quanto accertato, 21 dei 27 decessi per neoplasie rare avvenuti a partire dalla metà degli Anni Novanta sarebbero attribuibili all'esposizione dei condomini "a una sicura fonte di inquinamento ambientale rappresentata da prodotti di combustione provenienti dall'area oggi occupata dalla collinetta ecologica". "La vicinanza del condominio con l'area della ex discarica, – si legge negli atti – non più di 300 metri, l'assenza di altre costruzioni interposte e l'azione dei venti, hanno favorito il convogliamento delle sostanze inquinanti e la loro aero-dispersione verso gli alloggi", i primi edificati in quell'area e quindi più a lungo esposti.

La discarica di proprietà del Comune di Bari era gestita dall'Amiu. Fu dismessa nel 1971, proprio per i "continui incendi per autocombustione”; bonificata tra il 1989 e il 1997. La Procura ritiene che "la responsabilità sulla vigilanza del sito sia attribuibile in solido all'Amiu e al Comune di Bari, in persona dei loro rappresentanti pro tempore dal 1962 al 1988", i sindaci e i direttori Amiu dell'epoca, ma "le condotte sono assai risalenti nel tempo per essere perseguibili penalmente, anche oltre trent'anni or sono, e dovrebbero essere individuate nel periodo precedente all'attuazione del piano di recupero della discarica e della mancata predisposizione delle misure di salvaguardia atte ad evitare gli incendi per autocombustione".

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