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Viareggio, sindaco cacciato dal ristorante perché in pantaloni corti: “È stato umiliante”

Su Facebook il racconto del sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro protagonista di una vicenda a suo dire “un po’ umiliante”, “spiacevole”, e “sgradevole”. Lo hanno fatto uscire da un ristorante perché non indossava i pantaloni lunghi, ma da nessuna parte veniva comunicata questa “regola”.
A cura di Susanna Picone
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Nella serata di martedì il sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro ha postato una foto sul suo profilo Facebook accompagnata da una lunga didascalia con la quale il primo cittadino della località versiliese ha raccontato quanto di spiacevole gli è accaduto in un ristorante. Un ristorante in cui Del Ghingaro è stato invitato cortesemente a uscire perché a quanto pare non aveva un abbigliamento adatto. Indossava cioè dei pantaloni corti. Il sindaco, che ha raccontato nei minimi dettagli la sua serata, ha parlato di una esperienza “un po’ umiliante”, “spiacevole”, e “sgradevole”. Nel post su Facebook ha scritto anche di aver avuto “la brutta sensazione di aver subito una piccola violenza”.

Così Del Ghingaro ha ricostruito la vicenda: ha scritto di aver scelto un ristorante sul porto “dove vado ogni tanto” per cenare con alcuni amici e che, dato che non si trattava di un incontro istituzionale, si era vestito in maniera casual ovvero aveva scelto di indossare una camicia e dei pantaloni corti. “Arriviamo, ci fanno sedere a un tavolo sulla terrazza sul mare, chiacchieriamo con altre persone che conosco ad un tavolo vicino, ci raccontiamo la giornata, rilassati e contenti di rivederci”, si legge nel post. Ma poi a un certo punto al sindaco si avvicina imbarazzato un cameriere che gli comunica che, considerato che non indossava pantaloni lunghi, non poteva stare in quel locale. Del Ghingaro avrebbe quindi detto al cameriere che non conosceva quella “regola” e di essersi vestito così perché “in libera uscita”. “Prende tempo, ma dopo pochi minuti ritorna e mi chiede gentilmente di uscire, perché le regole di quel locale sono quelle anche se non conosciute né illustrate all'ingresso, si scusa ma non può fare diversamente. A quel punto non mi rimane che alzarmi, salutare le persone stupite al tavolo vicino, chiedere scusa ai miei amici e uscire, non senza vergogna”, continua il racconto del sindaco.

Sindaco che ha quindi ammesso di non sapere che esistessero regole così ferree in un locale del porto in estate “ma giustamente l'ignoranza non è ammessa e non posso che prendere atto che in quel posto ci si deve andare con i pantaloni lunghi, anche se continuo a chiedermi come una persona può saperlo se nessuno glielo dice o lo scrive all'ingresso”. Alla fine, comunque, la cena coi suoi amici il sindaco l’ha fatta, naturalmente in un altro locale senza censure sui vestiti. Il post del sindaco si chiude con una riflessione e una particolare domanda ai suoi concittadini: “Mi sono fatto una domanda: ma in quel locale controlleranno oltre ai vestiti, chessó il casellario giudiziale, il permesso di soggiorno, il codice fiscale, il certificato di sana e robusta costituzione, il tesserino di pesca, il colore della pelle, la tessera di partito, l'attestato di laurea, etc etc? Boh, giuro che la prossima volta (non certamente lì, garantisco) m'informerò prima d'entrare. Ma poi, detto fra noi, ero davvero vestito così male??!!”.

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