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Incidente Funivia Stresa-Mottarone

Un anno dopo il crollo della funivia del Mottarone: le indagini, le vittime e il processo

Un anno fa, il 23 maggio 2021, crollava la cabina numero 3 della funivia del Mottarone. Nello schianto sono morte 14 persone, di cui 13 sul colpo. Unico sopravvissuto il piccolo Eitan, di appena 6 anni. Dopo 365 giorni dalla tragedia, sono ancora all’inizio le indagini su quanto accaduto.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Il 23 maggio di un anno fa, in una delle prime domeniche di sole con libertà di spostamento dopo le restrizioni per la pandemia, una cabina della funivia Stresa-Mottarone è precipitata giù a pochi metri dalla vetta.

I dipendenti della struttura hanno potuto vedere la cabina numero 3 fermarsi per qualche istante e poi scivolare indietro in una folle corsa che ha causato la morte di 14 persone, di cui 13 decedute sul colpo. Quella della funivia Stresa-Mottarone è una delle tragedie che maggiormente ha segnato l'Italia degli ultimi anni dopo il crollo del Ponte Morandi avvenuto il 14 agosto del 2018.

Quattordici indagati, tra persone e società. I principali protagonisti dell'inchiesta sono il gestore dell'impianto, Luigi Nerini, il direttore di esercizio della funivia Enrico Perocchio e il caposervizio Gabriele Tadini. L'indagine verte sull'accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Secondo la Procura di Verbania, i forchettoni che avrebbero causato il crollo dopo la rottura del cavo traente sono stati inseriti di proposito per evitare che la cabina potesse fermarsi durante il tragitto.

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Le cause del crollo della cabina

Subito dopo l'incidente, gli investigatori hanno ipotizzato che la cabina potesse essere crollata a causa della rottura della fune traente. La funivia era stata oggetto di ammodernamento da parte della ditta Leitner, che si occupa di impianti a fune, dal 2014 al 2016. In quegli anni la società altoatesina aveva speso circa 4 milioni per la manutenzione.

Dal 2016 in poi la funivia è stata sottoposta a revisioni generali nel 2017, e nel novembre del 2020, quando sono stati effettuati nuovi interventi sulle funi portanti e su quelle traenti. Ad eseguire le operazioni sempre l'azienda Leitner. Dai controlli non sarebbero emerse criticità, secondo quanto testimoniato dalla ditta.

Dai primi rilievi effettuati sulla struttura è emerso che la cabina numero 3 è crollata principalmente a causa della rottura del cavo traente. Il mancato funzionamento dei freni ha poi fatto il resto, facendola scivolare in caduta libera verso il bosco. La Procura di Verbania ha lavorato per accertare le cause che hanno portato al blocco dei freni d'emergenza.

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La svolta nelle indagini è arrivata al termine dell'interrogatorio di Enrico Perocchio, del capo operativo Gabriele Tadini e del titolare della società "Ferrovie del Mottarone", Luigi Nerini. Secondo quanto rivelato da Tadini, erano state eseguite delle operazioni di manutenzione per risolvere alcuni problemi di funzionamento dell'impianto. Gli interventi, però, non avevano posto rimedio al problema e così i gestori avevano deciso di lasciare inseriti sulla cabina i forchettoni, dispositivi che impediscono il funzionamento dei freni di emergenza.

La rottura del cavo traente è stata oggetto di ulteriori indagini: secondo gli inquirenti, sarebbe avvenuta all'altezza dell'attacco con il carrello della cabina numero 3. La testa fusa, così si chiama il dispositivo che unisce cabina e cavo, deve infatti essere sottoposta a controlli continui affidati a un tecnico specializzato. Si tratta della parte più fragile dell'intera struttura e deve essere sostituita per legge ogni 5 anni. La testa fusa della funivia del Mottarone sarebbe stata sostituita 5 mesi dopo il disastro, così come previsto dalla normativa. Nessuno però si era accorto che il dispositivo era già gravemente usurato.

Le indagini

Il procuratore capo di Verbania, Olimpia Bossi, ha disposto subito il sequestro dell'impianto. Per mesi però la cabina numero 3 della funivia è rimasta nel bosco nel quale è precipitata il 23 maggio 2021. Il relitto è stato protetto con uno speciale telo per permettere la conservazione ottimale di tutte le parti che avrebbero potuto essere oggetto d'analisi. Il rottame è rimasto sul luogo della tragedia per circa 5 mesi prima di essere prelevato nel mese di novembre dello scorso anno.

La parte superiore della cabina è stata sottoposta ad ulteriori analisi, così come il carrello e la testa fusa. Quella inferiore è stata invece prelevata e trasportata in un secondo momento dai velivoli dei vigili del fuoco. L'attesa ha reso elevato il rischio di compromissione delle prove. Nonostante gli sforzi per conservare il materiale, infatti, l'esposizione al maltempo potrebbe averlo usurato ulteriormente.

Nel frattempo Luigi Nerini, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini sono stati prima arrestati e poi scarcerati dal gip, che di fatto ha smontato le tesi della Procura secondo la quale i tre erano informati del malfunzionamento della funivia e avrebbero disposto l'uso dei forchettoni, ipotizzando che la fune non si sarebbe rotta. Nerini e Perocchio sono stati quasi immediatamente mandati a casa in attesa del processo mentre Gabriele Tadini è stato posto agli arresti domiciliari.

Nel mese di novembre è stata revocata la custodia cautelare che lo riguardava: il caposervizio andrà dunque a processo da uomo libero così come gli ex colleghi. La decisione ha creato una vera e propria battaglia tra giudici conclusasi con la sostituzione del gip. Nonostante le lungaggini nell'inchiesta, la prima udienza resta fissata per il 14 luglio. Entro il 30 giugno invece dovranno essere depositate le perizie. Nel frattempo gli inquirenti hanno continuato ad effettuare sopralluoghi: l'ultimo lo scorso 12 maggio.

Le vittime

Nello schianto sono morte 14 persone, di cui 13 sul colpo. Due bimbi sono stati portati in ospedale in gravissime condizioni. Soltanto il piccolo Eitan Biran è riuscito a sopravvivere, diventando il simbolo della tragedia. A impedire il peggio, suo padre Amit, di 30 anni. L'uomo, morto insieme alla moglie Tal Peleg, ha fatto scudo con il suo corpo al bambino durante la caduta. Mattia Zorloni, di cinque anni, è invece deceduto all'Ospedale Regina Margherita di Torino.

I genitori del piccolo Eitan
I genitori del piccolo Eitan

I genitori del piccolo di 5 anni, Vittorio Zorloni ed Elisabetta Persanini, sono invece morti sul colpo. Tra le vittime anche Tom Biran, fratellino di Eitan, e i bisnonni Barbara Cohen Konisky (71 anni) e Itshak Cohen (82 anni). Sull'elenco anche Alessandro Merlo, 29enne di Varese, la sua fidanzata Silvia Malnati (26 anni), Serena Cosentino, nel Verbano da pochissimo per lavorare a un progetto sulle microplastiche nel Lago Maggiore, Mohammed Reza Shahisavandi, Roberta Pistolato (40 anni) e Angelo Vito Gasparro (45 anni). In occasione dell'anniversario sarà scoperta la stele con i nomi delle 14 vittime del disastro. La lapide sarà posta nel punto in cui la cabina numero tre è caduta.

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Cos'è successo a Eitan Biran

Il piccolo Eitan, dopo le dimissioni dall'Ospedale Regina Margherita di Torino, è stato affidato alla zia paterna Aya Biran, residente in provincia di Pavia. L'affidamento del bimbo è stato a lungo oggetto di liti tra la famiglia materna, residente in Israele, e la zia sua tutrice. Gli accordi iniziali prevedevano che Aya Biran permettesse ai nonni materni di incontrare il bambino regolarmente. Nel mese di settembre 2021, il nonno Shmuel Peleg, trasferitosi in Italia dopo la tragedia per assistere il nipote in ospedale, è passato a prenderlo presso casa della zia Aya. A quel punto, l'uomo ha fatto salire il bimbo di 6 anni su un volo privato diretto in Israele.

Eitan è rimasto a Tel Aviv fino a dicembre 2021, quando la Corte Suprema israeliana ha stabilito che il bimbo dovesse tornare nel nostro Paese perché questo è il luogo in cui "i genitori lo hanno cresciuto fino al momento della loro morte" basandosi su quanto stabilito dalla Convenzione Internazionale dell'Aja. La famiglia di Eitan non sarà presente alle cerimonie per la commemorazione delle vittime del disastro.

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