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Stupro di gruppo ripreso in un video, per la Cassazione “è partecipe anche chi assiste e plaude”

Secondo una sentenza della Corte di Cassazione in caso di violenza sessuale di gruppo è considerato “partecipe” anche colui che assiste e plaude alla registrazione video dell’abuso.
A cura di Davide Falcioni
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In caso di violenza sessuale di gruppo è considerato "partecipe" anche colui che assiste e plaude alla registrazione video dell'abuso.

A stabilirlo un pronunciamento della Corte di Cassazione, confermando l'accusa di violenza sessuale nei confronti di una ragazza di 23 anni di Lamezia Terme, comune in provincia di Catanzaro. Nello specifico, il caso riguarda gli abusi subìti da un giovane  disabile da parte di una decina di persone. La 23enne, presente a uno degli episodi ripreso con uno smartphone e diffuso in rete, ha esclamato: "Troppo forte raga, quell'altro gli sta facendo pure il video".

Contro l'ipotesi dell'accusa di stupro di gruppo, il legale della giovane, l'avvocato Antonio Larussa, aveva presentato ricorso alla suprema Corte sostenendo che il comportamento della sua assistita, della quale a suo avviso non era certa la presenza al momento dell'abuso, non era "di istigazione", ma al massimo si era trattato di "una mera adesione morale a un progetto criminoso altrui, come tale penalmente irrilevante".

Secondo i giudici però "l'indagata è chiamata a rispondere non di concorso in violenza sessuale di gruppo, ma di violenza sessuale di gruppo". Questo dal momento che lo stesso reato per come è stato ‘disegnato' non comporta "la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere un'attività tipica di violenza sessuale", basta anche che sia uno solo del "branco" a realizzare o minacciare l'abuso.

"In altri termini – spiega la sentenza numero 32503 depositata dalla terza sezione penale del ‘Palazzaccio' – la realizzazione di un contributo ‘morale', da parte del concorrente nel reato che non realizza l'azione tipica", ossia lo stupro, e che si trova "sul luogo e nel momento del fatto", costituisce "una condotta di ‘partecipazione' punita direttamente ai sensi dell'art.609 octies del codice penale". Quanto alla presunta assenza della ragazza, per i giudici si tratta solo di una "diversa valutazione dei dati probatori" non consentita in Cassazione e "confezionata" dalla difesa.

Per la suprema Corte – che ha confermato l'obbligo di firma a carico della 23enne deciso con ordinanza dal tribunale di Catanzaro del 29 marzo in attesa del corso della giustizia – pronunciando quella frase, la giovane "non solo non si è dissociata dalla condotta realizzata" da uno del ‘branco', "condotta che era ancora in corso posto che in quel momento si stava registrando il video", "ma ha rafforzato nei confronti di costui, l'intento di usare violenza alla persona offesa peraltro portatore di deficit cognitivo".

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