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Studente scomparso e trovato morto in mare a Vasto, la famiglia di Jois Pedone: “Non si è suicidato”

I famigliari di Jois Pedone, trovato morto in mare a Vasto dopo essere scomparso, non credono al suicidio e lanciano un appello: “Chiunque abbia visto qualcosa parli”.
A cura di Chiara Ammendola
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Jois Pedone
Jois Pedone

Non credono al suicidio i genitori di Jois Pedone, il ragazzo di 20 anni scomparso il 21 agosto scorso e ritrovato morto in mare a Vasto. Gli inquirenti, dopo una prima ipotesi iniziale di gesto volontario, stanno indagando per istigazione al suicidio. In Procura è stato aperto un fascicolo contro ignoti e gli elementi acquisiti finora sono pochi, per questo i famigliari del 20enne hanno lanciato un appello affinché chiunque sappia qualcosa parli.

Intervenuti durante il programma tv "Chi l'ha visto?", i parenti di Jois hanno ricostruito gli ultimi momenti del giovane che era iscritto all'Università di Parma e che lavorava di sera per mantenersi, sopratutto il periodo estivo. La sera della scomparsa, stando a quanto ricostruito finora anche attraverso il racconto della madre, è uscito dopo il turno di lavoro "per svagarsi un po'". A casa però non è mai tornato: il suo corpo è stato trovato il giorno dopo tra gli scogli sotto un trabocco a Punta Penna, con un borsone pieno di pietre a fare da zavorra attaccato alla caviglia.

“Aveva comprato il biglietto del treno per tornare a Parma, doveva fare due esami all'università e poi andare in vacanza a Barcellona con gli amici – raccontano la nonna e lo zio alla conduttrice Federica Sciarelli – questo è un ragazzo che pensa al futuro. Non è stato un gesto volontario, indotto sì, volontario no”. Secondo i famigliari l'ipotesi è che possa essere stato adescato con la scusa di un rituale per l’evoluzione spirituale, dato che lui era affascinato dal mondo della spiritualità: “Ho saputo che molti ragazzi sono attirati da questo settore della spiritualità e dell’esoterismo – ha raccontato il padre – da un anno a questa parte ha acquisito questo interesse e mi riportava le sue conoscenze”.

Il riferimento è al borsone riempito di sabbia, alla lettera “Z” visibile sul collo del ragazzo nelle ultime foto e alla maglietta nera con la scritta “benvenuto” che indossava la notte della scomparsa. Proprio quella notte, dopo essere uscito, il giovane aveva prenotato un taxi per arrivare all'1.30 a Punta Penna. Cosa sia accaduto una volta lì però non è chiaro. “La Procura ha aperto fascicolo per istigazione o aiuto al suicidio, contro ignoti”, dicono in trasmissione i legali della famiglia, gli avvocati Carmine Di Risio e Concetta Di Risio, “sono stati sequestrati computer, telefonino, tablet e quaderni del ragazzo”.

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