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Simone Scalamandrè dopo la condanna del fratello per l’omicidio del padre violento: “Lotterò per lui”

Assolto dopo l’omicidio del padre violento, Simone Scalamandè parla della condanna a 21 anni per il fratello Alessio: “Continuerò a lottare per lui”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Uno condannato a 21 anni di carcere, l'altro assolto dopo una condanna a 14 anni di carcere in primo grado. Il destino dei due fratelli Alessio e Simone Scalamandrè non potrebbe essere più diverso: entrambi erano coinvolti nella vicenda giudiziaria inerente all'omicidio del padre Pasquale, avvenuto nella serata del 10 agosto 2020. Il delitto era stato compiuto in una situazione di violenza familiare: entrambi volevano difendere la madre Laura Di Santo dalle botte del marito.

Alessio, 30 anni, è stato condannato a 21 anni dalla Corte d'assise d'appello del tribunale di Genova come autore materiale dell'omicidio. Simone, invece, dopo aver ricevuto una condanna in primo grado a 14 anni è stato assolto perché, secondo il giudice, ha dato "un contributo minimo" al reato in concorso.

La sera del 10 agosto 2020, Pasquale Scalamandrè si era presentato a casa della moglie, violando un decreto di non avvicinamento emesso dopo le diverse denunce presentate dalla donna. Sull'uscio di casa aveva preteso che i suoi due figli ritirassero la denuncia presentata contro di lui. La discussione si era fatta sempre più accesa fino a quando il fratello maggiore, per difendersi da un'aggressione, ha colpito ripetutamente il genitore con un matterello, uccidendolo.

Gli avvocati dei due fratelli, Luca Rinaldi, Andrea Guido e la penalista del centro antiviolenza Mascherona di Genova, Nadia Calafato, ricorreranno in Cassazione per provare a ridurre la pena del 30enne. Auspicano inoltre che la Procura non faccia ricorso sulla sentenza emessa per Simone.

"Sono felice di non essere stato condannato, mi dà la certezza che i giudici hanno creduto a quello che ho sempre raccontato – ha spiegato quest'ultimo in un'intervista al Corriere della Sera – ma allo stesso tempo sono triste e incredulo per mio fratello. Io sono stato fortunato: ho percepito l'appoggio della mia città e di persone che neppure ci conoscevano. Durante il processo ho lavorato tantissimo, anche se sempre da precario, perché non volevo fermarmi. Nessuno ha mai avuto pregiudizi. Ovviamente l'appoggio dei legali è stato fondamentale per me e per la mia famiglia. Alessio è contento per me, ma non è tranquillo per la condanna che ha ricevuto. Continuerò a sostenerlo e a lottare per lui".

"Se ci fosse stata più attenzione sull'accaduto e sul tema della violenza sulle donne, che non viene contrastata in nessun modo, non saremmo in queste situazione – ha sottolineato ancora Simone -. Ci sono leggi ancora arcaiche che non proteggono totalmente le vittime. Abbiamo chiesto aiuto tantissime volte, ma le forze dell'ordine purtroppo erano sempre limitatissime. Gli stessi poliziotti si mostravano rammaricati".

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