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Sesso e mazzette per avere permesso di soggiorno, l’ombra di un sistema collaudato a Torino

L’inchiesta vede coinvolti per ora due poliziotti e sette mediatori culturali ma il sospetto è che ci fosse un sistema collaudato che andava avanti nel tempo.
A cura di Antonio Palma
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Per saltare la fila e velocizzare le pratiche di permesso di soggiorno sarebbe bastato rivolgersi alle persone giuste e sborsare mazzette o essere disponibili ad altri favori tra cui alcuni anche di natura sessuale. È quanto sta emergendo dall’inchiesta sui permessi di soggiorno o per protezione umanitaria che ha visto scattare gli arresti per nove persone tra cui anche due poliziotti e un mediatore culturale dell'Ufficio Immigrazione della Questura di Torino.

Al momento gli indagati sono un vice commissario, un agente scelto in servizio all’ufficio immigrazione, un mediatore culturale di origine afgane attorno al quale sarebbe ruotato il sistema, e poi altri sei intermediari stranieri di varie nazionalista che si sarebbero occupati di procacciare i “clienti”. L'accusa nei loro confronti è di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio.

In pratica l’inchiesta, avviata nel gennaio dello scorso anno, ipotizza che ci fossero corsie preferenziali per ottenere più celermente le pratiche, senza fare code e saltando passaggi burocratici. Secondo l'ipotesi dell'accusa, “gravi indizi di colpevolezza” proverebbero “l'esistenza di un'associazione per delinquere composta da cittadini italiani e stranieri”,

Un giro di favori e di denaro sui cui la stessa Questura del capoluogo piemontese ha deciso di fare luce dopo aver riscontrato alcune anomalie relative alla trattazione di pratiche di rilascio o rinnovo di permessi di soggiorno. Non un caso isolato dunque ma dietro la pratica potrebbe nascondersi l’ombra di un sistema collaudato e che andava avanti nel tempo.

I due poliziotti arrestati infatti stanno parlando e dalle prime ammissioni emergerebbe una rete molto più ampia di persone coinvolte. Come racconta Repubblica, uno degli indagati infatti avrebbe ammesso che al suo arrivo nell’ufficio immigrazione, il sistema di “corsie preferenziali” era già collaudato e risalente nel tempo.

Non solo, stando al suo racconto, il mediatore avrebbe avuto un giro ancora più ampio per accelerare le pratiche di asilo e di protezione internazionale che travalicano i confini regionali, circostanze tutte da verificare ma che potrebbero ora ampliare il raggio dell’indagine della procura torinese.

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