900 CONDIVISIONI

“Se ne sono andati e si è spenta la luce”. Il ricordo di Michele e Giovanna, morti annegati

Lo scorso 23 dicembre, a Rovereto, l’auto guidata da Giovanna Perzolli, 69 anni, e con a bordo il figlio Michele Tranquillini, 27 anni, è uscita di strada ed è finita nel fiume Adige. La vettura è stata trovata soltanto la notte dopo. Il commosso ricordo dei familiari delle vittime: “Erano molto legati, avevano un rapporto simbiotico”.
A cura di Biagio Chiariello
900 CONDIVISIONI
Immagine

"Ora che se ne sono andati è come se si fosse spenta la luce". Parole amare e tristi, ma non potrebbe essere altrimenti, quelle al Corriere della Sera di Silvio Tranquillini, padre di Michele, 27 anni, morto annegato nell’Adige, a bordo dell’auto su cui viaggiava con la mamma, Giovanna Perzolli, che di anni ne aveva 69. Era stato proprio il 69enne ferroviere, nella serata del 23 dicembre, a lanciare l’allarme insieme agli altri due figli , Paolo, 37 anni e Luca, 38, dopo essersi accorto che Giovanna e Michele non rientravano. Quel pomeriggio la loro auto si era inabissata nelle acque dell’Adige. Per tutta la vigilia di Natale i vigili del fuoco di Rovereto e di tutta la Vallagarina hanno scandagliato le acque del fiume, all’altezza del punto in cui si presume sia uscita l’auto, sulla strada fra Borgo Sacco e la confluenza del Leno. La vettura è stata recuperata nella serata del giorno di Natale.

Non è ancora chiaro cosa sia accaduto: una distrazione? Un malore? O un tragico gesto? Sul manto stradale non ci sarebbe alcun segno di frenata: starà alla Procura di Rovereto, cui i militari consegneranno tutta la documentazione raccolta, valutare se disporre un’autopsia sui corpi e aprire un’inchiesta. "La dinamica non è chiara — dice Paolo — forse la mamma si è trovata davanti un ostacolo, una moto o un animale e ha dovuto fare una manovra brusca". I due stavano andando a vedere i presepi a Nomi "e di solito la mamma non faceva quella strada".

Infermiera nel reparto di chirurgia a Rovereto, Giovanna si era accorta subito che "qualcosa in Michele non andava, lui avrà avuto un anno e mezzo". È andata in pensione presto e si è fatta carico di una quotidianità complessa. "Con Michele era questione di gesti, parole impalpabili: bisognava trovare quei fili invisibili per collegare il suo mondo al nostro perché nel mezzo, in quella intersezione, stava il dialogo" racconta il padre. La svolta per il ragazzo è avvenuta con la musica. Michele frequentava sì il Centro il Ponte («per il quale — si commuove ancora papà Silvio — abbiamo dipinto io e lui insieme durante il lockdown un quadro») ma la sua grande passione era la musica. "Tutto è cominciato quando una maestra che lo seguiva per alcune ore integrative a scuola si mise a suonargli la chitarra: venne da noi e ci chiese per Natale di avere una chitarra, non ci pareva vero che esprimesse un desiderio così netto. La suonava di continuo".

Poi l’incontro con il maestro Porcelli e i dieci anni di musica insieme con la tastiera. "Aveva una grande sensibilità verso le persone anziane e quando qualcuna gli diceva che era bravissimo correva a riferirmelo. Ma io gli dicevo sempre che non doveva dirselo da solo" ricorda Silvio. "Lo portavo a nuoto, in bicicletta siamo arrivati fino a Riva, ha giocato anche a basket. Certo — e gli occhi scivolano verso i fornelli, dove le luci sono spente — se ci fosse mia moglie potrebbe dirvi di quando andavano a fare la spesa o altre cose…".

900 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views