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Prato, ex operai Texprint in sciopero della fame a oltranza per denunciare lo sfruttamento

Uno sciopero della fame a oltranza per protestare contro le “gravissime condizioni di sfruttamento” all’interno dell’azienda di stamperia tessile Texprint di Prato. Mercoledì 1 settembre 2021 otto ex operai di origine pachistana e senegalese e due sindacalisti SiCobas hanno dato inizio all’ennesima protesta pacifica davanti al Comune di Prato. Dopo 228 giorni di mobilitazioni e presidi ai cancelli dell’azienda di via Sabadell, ora si rivolgono direttamente alle istituzioni: “Ascoltateci. Non schierarsi vuol dire essere complici”.
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Operai Texprint e sindacalisti SiCobas in sciopero della fame, Come di Prato, 1 settembre 2021
Operai Texprint e sindacalisti SiCobas in sciopero della fame, Come di Prato, 1 settembre 2021

A Prato, otto operai della Texprint e due sindacalisti SiCobas hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro "i turni massacranti e le condizioni di sfruttamento" all'interno dell'azienda di stamperia tessile di via Sabadell, gestita da personale cinese. L'iniziativa si svolge in Piazza del Comune a Prato, dove è stato allestito un presidio permanente con tende, tavoli, sedie e striscioni. Si tratta dell'ennesima azione di protesta, dopo 228 giorni di sciopero ai cancelli della Texprint.

Texprint, 228 giorni di sciopero, ma ancora zero risposte

Da fine gennaio, gli operai di origine pakistana e senegalese denunciano una situazione insostenibile a lavoro, con turni di oltre dodici ore al giorno sette giorni su sette. Molti di loro hanno anche riportato diversi infortuni, come nel caso di Hamid Nasir, che racconta di aver perso una falangetta dell'indice mentre lavorava ad un macchinario e di non aver ricevuto nessun rimborso. "Il capo non ha voluto chiamare l'ambulanza e mi ha portato personalmente all'ospedale per evitare che raccontassi di essermi fatto male sul lavoro". Come Hamid, anche altri suoi colleghi riportano incidenti sul lavoro e forti disagi dovuti alle temperature elevatissime in fabbrica.

Operai e sindacalisti denunciano anche contratti di apprendistato fasulli e sistemi illegali di video sorveglianza in fabbrica (questi ultimi effettivamente rimossi dall'Ispettorato del Lavoro).

In seguito alle proteste e ai picchetti davanti alla Texprint, diciotto operai sono stati licenziati, ma non per questo hanno rinunciato a far sentire la loro voce e ora chiedono, tra le altre cose, di essere riassunti con contratti regolari.

L'immobilismo delle istituzioni

"L'iniziativa (lo sciopero della fame, n.d.r.) punta il dito contro l'immobilismo ed il silenzio che ha contraddistinto le istituzioni locali durante i sette mesi trascorsi dall’inizio della vertenza sindacale in cui i lavoratori denunciano turni di dodici ore su sette giorni la settimana, contratti irregolari, lavoro nero, violazione di tutti i diritti più elementari quali le ferie e la malattia pagata. Ma anche contro i ritardi degli accertamenti dell’Ispettorato del Lavoro", fanno sapere dal sindacato SiCobas.

Gli scioperanti sono infatti in attesa del verbale dell'Ispettorato del Lavoro che in seguito alle prime proteste aveva fatto dei sopralluoghi all'interno della Texprint. I risultati delle perizie, però, non sono ancora stati resi noti.

"Non schierarsi vuol dire essere complici"

Lo sciopero della fame mira anche a sollecitare un intervento da parte delle istituzioni di Prato, che fino a questo momento sono rimaste in silenzio sul caso Texprint. Il sindaco Matteo Biffoni si è sempre rifiutato di incontrare gli operai o di ascoltare le loro istanze, affermandp che "finché non sarà fatta completa chiarezza sulla situazione, le istituzioni devono restarne fuori". Sentito da Fanpage.it, il primo cittadino di Prato aveva giustificato il suo silenzio sulla situazione con il fatto che anche gli operai in sciopero erano stati denunciati da alcuni dirigenti Texprint per violenza privata e per il blocco delle merci all'entrata dell'azienda durante il picchetto. "Prima di esprimermi aspetto quindi la fine delle indagini", aveva concluso Biffoni.

Il sindacato SiCobas, però, non ci sta e ribatte: "Quando a contrapporsi è da una parte un’azienda con comprovati rapporti con i boss della ‘Ndrangheta e dall’altra lavoratori sfruttati che richiedono i diritti stabiliti dalle leggi e dai contratti, le istituzioni non possono essere neutrali. Non schierarsi vuol dire essere complici".

Per quanto riguarda i rapporti dei dirigenti Texprint con l' ‘Ndrangheta, i sospetti ruotano soprattutto intorno alla figura di Zhang Sang Yu, detto "Valerio". L'uomo è stato diverse volte indagato per una pluralità di delitti con l'aggravante di associazione mafiosa. Sang Yu ha sempre negato di essere un dirigente Texprint e si è sempre definito un normale dipendente, ma gli operai assicurano che era ed è lui a prendere tutte le decisioni. Sulla Texprint pesava anche un'interdittiva antimafia, confermata dal Tar e dal Consiglio di Stato, ma poi ritirata dalla Prefettura.

Permessi di soggiorno per sfruttamento

Gli ex lavoratori Texprint chiedono anche al Comune che vengano erogati i permessi di soggiorno per sfruttamento, un diritto garantito dall'articolo 18 ma al quale i diciotto operai potrebbero non aver accesso in quanto sono stati licenziati per via degli scioperi. "A maggio il Comune di Prato aveva annunciato alla stampa l’intenzione di attivarsi per il riconoscimento dei permessi di soggiorno art.18 a tutti i lavoratori in sciopero. A tre mesi di distanza, ancora tutto è fermo", denuncia ancora SiCobas.

Diritto alla residenza e all’assistenza medica di base

Un'altra richiesta è quella di vedersi riconosciuta la residenza anagrafica nel Comune di Prato, in modo da poter accedere alle cure della medicina di base. "Lavoriamo a Prato, viviamo a Prato, paghiamo le tasse a Prato. Anche noi siamo cittadini di questa città". Infine, i manifestanti chiedono al Comune l'annullamento di tutte le multe ricevute dall'inizio dello sciopero ad oggi, per una cifra che supera i 300 mila euro. "Siamo stati multati per “blocco stradale” usando i famigerati “decreti Salvini” con sanzioni da 4.000 euro l’una! Richiediamo alla Prefettura di Prato di ritirare queste multe che attaccano il diritto di sciopero e alla Questura di Prato di mettere fine all’accanimento contro chi in questa città chiede il rispetto dei diritti sul lavoro", conclude il sindacato.

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