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Pilota della Millemiglia e Pittrice, una mostra celebra Caty Torta: “Una donna del futuro”

Tra i primi ricordi del figlio Cesare Denoyè, che ha raccolto per la mostra al Museo dell’Automobile di Torino alcuni pezzi della sua collezione privata e due auto che le sono appartenute, “mia madre era una creatura speciale, forte senza essere aggressiva. Mi sono accorto della sua particolarità perchè aveva la passione per la velocità in macchina, andava sempre a tavoletta e stare con lei era una giostra”.
A cura di Gianluca Orrù
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A cento anni dalla nascita di Caty Torta, donna libera prima che le donne fossero libere, una mostra monografica a lei dedicata ne celebra la figura anticonformista, riservata e leggera, in un percorso che ne sottolinea la smisurata passione per le automobili veloci e il talento artistico che l'ha portata prima a Parigi negli anni '50 e poi nello studio di Felice Casorati.

"Capitava molto spesso – ricorda il figlio di Caty Cesare Denoyè – che ai semafori di Corso Vittorio, sui quali le auto si potevano contare sulle dita di due mani, ci fossero dei giovanotti che vedendola al volante la sfidassero in improvvisate gare di velocità abusive che lei, competitiva com'era, doveva vincere tutte. Con lei un giro in macchina era come stare su una giostra".

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La passione per la velocità Caty Torta l'ha scoperta da adolescente, quando a 18 anni si ritrova con una ‘patente di guida sportiva' prima che esistessero le patenti a sfrecciare tra le carrozze sui viali di Torino. Al volante di una Lancia Aprilia blu partecipa per due volte alla Millemiglia, la corsa di endurance più famosa dell'epoca, e poi a una Milano-Sanremo e a diverse corse di velocità pura. La libertà di correre e quella di dipingere, in un epoca in cui le donne non avevano nemmeno il

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diritto di votare, è stata garantita alla giovane Caty Torta da genitori aperti e per nulla preoccupati per le passioni ‘maschili' della figlia: "I nonni – spiega Cesare Denoyè – erano persone che le hanno garantito una libertà rara. Quando Caty era al volante, in tutte le gare, c'era suo padre al fianco che le faceva da navigatore e stiamo parlando del 1939-1940".

La stessa libertà di andare veloce in macchina Caty ce l'aveva nello scegliere le sue passioni. "Smesse le occupazioni femminili delle giovani della borghesia – racconta il figlio – aveva scelto di andare a Parigi e l'avevano accolta all'Accademia della Grande Chaumière, la stessa di Joan Mirò. Era molto inappropriato per una donna giovane e attraente girare da sola per l'Europa, così per mettere a tacere le male lingue, i suoi genitori finsero che ci fosse uno zio che l'avrebbe controllata".

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"La sua è stata una vita vissuta alla velocità delle sue passioni – spiega Laura Tota, curatrice della mostra organizzata dall'associazione Vistamare di Mario Esposito e Carlo Zummo – rispondendo a un'unica necessità: essere libera. Un monito, in questi tempi così difficili, per tutte le donne che quotidianamente lottano per la propria autonomia e identità"

Tornata a Torino, Caty Torta entra nello studio di Felice Casorati ma rinuncia alla docenza all'Accademia Albertina di Torino, dopo la morte del marito, per prendersi cura del figlio Cesare che allora aveva 5 anni. Smette i panni di ‘pilotessa' a 84 anni, quando consegna le chiavi della Porsche Carrera 911 appena guidata al limite, come sempre. "Non ho più i riflessi di una volta" dice lasciando le chiavi a Cesare.

"Quando guidava – conclude Cesare Denoyè – Caty aveva le mani che le sanguinavano e le braccia e le gambe che le dolevano. Non c'era servosterzo, non c'era servofreno o cambio automatico. Erano macchine dure, maschili se vogliamo. Eppure lei si è presa tutto quello che voleva lo stesso, dalle auto e dalla vita, senza indisporre, senza protestare e grazie al suo talento".

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La mostra al Museo dell'Automobile di Torino che celebra Caty Torta con 16 dipinti e le macchine sportive che hanno fatto parte della sua vita rimarrà aperta fino al 7 novembre. “Caty Torta diceva sempre che ‘ci vuole coraggio' – racconta Mariella Mengozzi direttore del MAUTO – e questo è un incitamento a tutti noi e in particolare ai giovani a non arrenderci alle difficoltà, a osare, a sognare, e anche a credere di più in noi stessi e nelle nostre capacità”.

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