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Peschereccio sequestrato in Libia per cento giorni, dopo il ritorno la beffa: multa da 2.000 euro

Per l’armatore dell’Antartide, uno dei due pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati per oltre cento giorni in Libia, è arrivata anche la beffa sotto forma di un pesante multa da duemila euro per non essere riuscito a comunicare il fermo biologico dell’imbarcazione come invece prevede la legge.
A cura di Antonio Palma
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Non bastavano mesi di ansia e preoccupazioni per la sorte dell'equipaggio sequestrato dai militari libici e tenuto prigioniero nel Paese, ora per l'armatore dell'Antartide, uno dei due pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati per oltre cento giorni in Libia, è arrivata anche la beffa sotto forma di un pesante multa da duemila euro per non essere riuscito a comunicare il fermo biologico dell'imbarcazione come invece prevede la legge. La sanzione, comminata dalla Capitaneria di Porto di Mazara Del Vallo, in provincia di Trapani, si riferisce in particolare all'arresto temporaneo del peschereccio obbligatorio per il 2019.

Nel verbale di 4 pagine notificato all'armatore, infatti si spiega che. nonostante la società abbia fatto richiesta di accesso ai contributi per aver effettuato il fermo biologico obbligatorio del peschereccio, su 12 giorni stop previsti,  ne avrebbe comunicati solo nove. "Nello specifico venivano effettuate, a fronte di 12 giornate di arresto temporaneo obbligatorio aggiuntivo soltanto 9 giornate utili al fine del conteggio annuale" spiega il verbale, per questo "Con tale condotta illecita l'unità di pesca ha di fatto esercitato la propria attività in periodi non consentiti dalla vigente normativa del settore".

Nulla di eccepibile formalmente ma il fatto è che, come spiega l'armatore , il peschereccio non può documentare formalmente gli ultimi tre giorni di fermo perché sono contenuti nel ‘logbook' elettronico, strumento di bordo che è stato rubato assieme ad altri apparati quando il peschereccio era sotto sequestro in Libia ed è stato depredato come l'altro motopesca, il Medinea. Il caso era partito già subito dopo la liberazione e il ritorno in Italia quando la Capitaneria aveva chiesto alla società armatrice di integrare e trasmettere entro 10 giorni l'eventuale ulteriore documentazione in proprio possesso. "È impossibile risalire ai dati contenuti nel logbook elettronico, lo strumento che fornisce le informazioni sul pescato e sul luogo in cui si trova un peschereccio in un determinato giorno" ha spiegato Leonardo Gancitano.

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