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Incidente Funivia Stresa-Mottarone

Perché si è rotta la fune traente della funivia Stresa Mottarone, le ipotesi

Sulla rottura improvvisa della fune traente si concentra l’altro filone delle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Verbania per fare luce sulla tragedia della Funivia Stresa Mottarone, costata la vita a 14 persone. Oggi sul cavo saranno condotti i primi rilievi tecnici da parte dei periti incaricati dalla Procura ma per ora è possibile fare solo delle ipotesi.
A cura di Antonio Palma
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A causare la tragedia della Funivia Stresa Mottarone, costata la vita a 14 persone, per gli inquirenti è stata senza dubbio "una deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell'impianto di trasporto" da parte dei gestori che avrebbero disattivato il freno di emergenza per evitare blocchi dell'impianto. Nessuno però si sarebbe accorto di questa mancanza se il cavo traente della stessa funivia non si fosse spezzato improvvisamente innescando poi la drammatica corsa della cabina su cui si trovavano 15 persone tra cui l'unico superstite, il piccolo Eitan. Proprio sulla rottura improvvisa del cavo infatti si concentra l'altro filone delle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Verbania per fare luce su quanto accaduto.

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I rilievi tecnici sul cavo traente spezzato della funivia

Se sul primo punto, quello dei freni disabilitati tramite il forchettone, si è giunti ad un punto di svolta con la convalida del fermo di Luigi Nerini, titolare della società Ferrovie del Mottarone, e di Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore dell'esercizio e capo servizio della funivia, sull'altro punto le indagini sono ancora indietro ed è possibile fare ora solo delle ipotesi. Proprio nella giornata oggi sul cavo del funivia saranno condotti alcuni rilievi tecnici da parte dei periti incaricati dalla Procura per evidenziare eventuali anomalie al cavo non riscontrate durante i controlli. I segni sulla fune dovrebbero già dire se si tratta di corrosione o se sono stati tranciati di netto. Si tratterà però solo del primo di tanti altri accertamenti complessi.

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Le ipotesi: la rottura della testa fusa della fune

Tra le ipotesi in campo quella della rottura del cavo all'altezza dell'attacco con il carrello della cabina, la cosiddetta testa fusa. Questa infatti è la parte ritenuta più debole dell'intera struttura in quanto i controlli sono affidati alla vista di un tecnico specializzato a non alla verifica magneto-induttiva delle funi che in quel punto non è in grado di verificarne l’integrità. L'ultima verifica è del 5 novembre 2020 quando, attraverso la ditta torinese Sateco, era stato effettuata una test su tutte le funi dell'impianto. Per questo è meno probabile una rottura per usura che dalle verifiche e dal controllo magnetoinduttivo avrebbe dovuto essere chiara.

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L'ipotesi del malfunzionamento delle due pulegge

L'altra ipotesi è un malfunzionamento delle pulegge attorno alle quali la fune ruota a valle e a monte della funivia. Queste, a causa di un guasto dovuto a cause esterne come un oggetto esterno, potrebbero aver tranciato la fune o una delle due potrebbe essersi bloccata e l'altra avrebbe continuato a tirare la fune traente fino spezzarla. Ad ogni modo anche qui sulla carta gli ultimi controlli risalgono al marzo scorso quando si è provveduto alla lubrificazione e alla revisione dei rulli e delle pulegge delle stazioni.

Il guasto del giorno prima e il fulmine

Tra le altre ipotesi anche quelle di un possibile fattore esterno improvviso come un fulmine scatenato dal maltempo che la sera precedente la tragedia imperversava in zona ma è un evento improbabile in quanto il cavo traente si trova al di sotto del cavo portante che non è stato colpito. Da verificare infine anche il guasto segnalato il giorno prima del disastro della funivia del Mottarone durante il quale sarebbe stato sostituito l'anello di gomma di un rullo di linea, che ha la funzione di guidare la fune traente lungo la linea.

La funivia aveva stop improvvisi da un mese

Secondo la Procura e come confermato anche dal ministro Giovannini, dalle prime risultanze investigative è emerso in realtà che sull'impianto da circa un mese si verificavano continui stop con l'attivazione ripetuta del freno di emergenza, apparentemente ingiustificati. Proprio per ovviare alle continue pause, i gestori dell'impianto avrebbero staccato i freni sperando nella buona sorte e ipotizzando che il cavo non potesse rompersi.

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