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Cambiamenti climatici

Perché per la riconversione ecologica e la giustizia climatica serve il reddito di cittadinanza

Sabato 27 maggio una manifestazione nazionale a Roma. Ci sarà anche Fridays For Future, perché la giustizia climatica è possibile solo se va di pari passo con la giustizia sociale. Perché un reddito universale è necessario a realizzare la riconversione ecologica.
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Di Giorgio De Girolamo 

Per un salario minimo e un reddito di cittadinanza incondizionato. Per opporsi alle politiche del governo che destrutturano il welfare e colpiscono chi lavora, raccolte nel “Decreto lavoro” approvato lo scorso primo maggio. Ma per affermare anche un modello di welfare diverso che, in cambio di un sussidio, non sottoponga a rigide e punitive condizioni chi vi accede, e colpevolizza la povertà. Insomma vogliamo un welfare, non un workfare.

Per questo sabato 27 Maggio alle 14:30 da piazza Esquilino a Roma partirà un corteo nazionale organizzato da una vasta rete di associazioni, movimenti, sindacati e realtà del mutuo soccorso che hanno aderito alla campagna “Ci vuole un reddito”, tra cui anche Fridays For Future Italia.

Per cogliere il valore di questa mobilitazione dobbiamo tentare di rispondere a due domande.

Anzitutto perché abbiamo bisogno di un reddito di cittadinanza oggi? Perché è giusto opporsi alle destre che lo eliminano sostituendogli un imparagonabile assegno di inclusione?

Perché lo scenario socio-economico che abbiamo di fronte è desolante. Secondo i dati Istat del 2022 sono infatti 5,6 milioni coloro che vivono in povertà assoluta, vale a dire che non riescono ad avere accesso a beni e servizi considerati essenziali; circa 9 milioni le persone in povertà relativa, che hanno lo stretto indispensabile per sopravvivere; circa 15 milioni le persone a rischio esclusione sociale.

Di fronte a questi numeri è evidente che non abbiamo a che fare con le vite di oziosi percettori di sussidi che svernano a casa sui divani – è  questo infatti il consueto e caricaturale ritratto che viene fatto della povertà -, ma che in gran parte si tratta di lavoratori poveri stretti nella morsa di un trentennio di riforme del lavoro all’insegna della flessibilità e della riduzione di diritti e tutele. Vittime di salari insufficienti a godere di “un’esistenza libera e dignitosa”, per come si esprime, in senso prescrittivo, la stessa Costituzione (art.36).

Messi da parte da un mercato del lavoro che per età o qualifiche impedisce loro di rientrarvi senza subire umiliazione e sfruttamento: tra cui ad esempio l’offerta congrua reintrodotta dall’attuale governo, con cui si riafferma l’obbligo di accettare qualunque offerta di lavoro sull’intero territorio nazionale, pena la perdita di un sussidio che ha già visto ridursi di molto la platea dei potenziali beneficiari.

Rifuggendo ogni tentativo di identificare la povertà come una responsabilità individuale, quella per il reddito di cittadinanza è quindi una lotta costituzionalmente orientata e necessaria e volta a far sì che una comunità politica coesa e solidale, organizzata nel segno della giustizia sociale e della progressività fiscale, possa assicurare a tutti il diritto – antico quanto l’uomo – all’esistenza.

La seconda domanda che dobbiamo porci riguarda invece il ruolo che il movimento per il clima, cui Fridays For Future appartiene, può e riteniamo debba avere nella battaglia politica per il reddito (e non solo).

Cosa c’entra il reddito con la crisi climatica? Non è certo giustamente tra i primi argomenti che si adducono a suo sostegno (al pari della povertà e del bisogno materiale), ma il perseguimento di un necessario equilibrio ecologico ha molto a che fare con il reddito di base. Esso infatti permette di svincolare il soddisfacimento dei bisogni vitali fondato sulla crescita infinita. Incarna inoltre una prospettiva di tutela dei beni comuni e consente di privilegiare il lavoro che aumenta la ricchezza complessiva della società pur senza aumentare il valore di singoli beni. Tutto quello di cui, in un solido orizzonte di decrescita – non quello del ritorno allo stato di natura che viene sovente raccontato – abbiamo urgente bisogno.

Inoltre una tale misura andrebbe come noto a ridurre, con benefici anche climatici, il grande numero di “bullshit jobs”, così li definì David Graeber in un omonimo saggio, che caratterizzano l’attuale fase del capitalismo. Separando la retribuzione dal lavoro, e facendolo con una misura finanziata in modo fiscalmente progressivo, si riespanderebbero forme di lavoro non solo non inquinanti ma che sono anche in grado di aumentare la ricchezza complessiva della società e di rispondere più prontamente alle sfide climatiche del nostro tempo.

Un reddito di cittadinanza quindi, ma anche la garanzia di una casa per tutti, un trasporto pubblico a basse emissioni e, tra le molte, anche una sostanziale riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. E come già detto salario minimo legale in grado di convivere con la contrattazione collettiva. Solo così potremmo farla finita con il paradosso di chi lavora ma non arriva comunque a fine mese.

Per il reddito, ma anche per molto più del reddito, sabato 27 maggio un corteo attraverserà Roma. Per connettere con ancora più forza le lotte sindacali e di chi lavora, con chi un lavoro non ce l'ha, le battaglie per la giustizia climatica con quelle per la giustizia sociale. Vogliamo salvare il pianeta, e possiamo farlo solo costruendo un nuovo paradigma: dove la riconversione ecologica sia "socialmente desiderabile", come scriveva Alexander Langer, portando a una vita più degna e piena per tutte e tutti. Che a pagarla siano i più ricchi.

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