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La morte dei fratellini Ciccio e Tore a Gravina

Perché la madre di Ciccio e Tore chiede la riapertura delle indagini sulla morte dei due fratellini

La mamma di Ciccio e Tore, i due bambini scomparsi nel 2006 a Gravina di Puglia e trovati morti 2 anni dopo nella cisterna di un casolare, chiede la riapertura delle indagini e sospetta che con i ragazzini vi fossero anche persone adulte. “I testimoni andavano ascoltati con maggiore attenzione”
Intervista a Rosa Carlucci
Mamma di Ciccio e Tore
A cura di Gabriella Mazzeo
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Una serie di punti ancora oscuri, alcuni reperti che potrebbero essere rianalizzati e testimonianze "ignorate" da chi ha condotto le indagini. Ciccio e Tore, i due bambini di Gravina di Puglia scomparsi il 5 giugno del 2006, quando avevano 13 e 11 anni, forse potevano essere salvati: ne è convinta Rosa Carlucci, mamma dei due ragazzini trovati morti nella cisterna di un casolare due anni dopo, il 25 febbraio del 2008. Almeno Salvatore, che non è morto subito dopo la caduta nel pozzo. Sarebbe bastato chiamare i soccorsi subito dopo l'incidente.

Secondo la mamma dei due fratellini, qualcuno invece ha scelto di tacere. Probabilmente, gli amichetti che erano con loro al momento della caduta hanno scelto di non parlare, spinti dalla paura e dai suggerimenti dei genitori.

Da tempo Carlucci e Filippo Pappalardi, papà di Ciccio e Tore , chiedono la riapertura delle indagini. I due bambini potrebbero essere stati spinti nella Casa delle Cento stanze. "Si tratta di un luogo che da soli non avrebbero mai raggiunto – hanno spiegato a Fanpage.it  Rosa Carlucci e la figlia -. Temiamo che con loro non vi fossero solo ragazzini, ma anche persone adulte. Per questo motivo vogliamo la riapertura delle indagini e presenteremo a breve istanza con i nostri avvocati".

Ciccio e Tore non erano soli il 5 giugno del 2006, erano andati in quel casolare con degli amici?

Sì, erano insieme ad altri ragazzini, almeno 5 secondo le indagini condotte al tempo, ma probabilmente vi era anche qualcun altro.

Cioè?

Chiunque fosse lì, ha scelto di non parlare. Il nostro timore è che in quel momento non vi fossero solo bambini, ma che con loro vi fosse anche un adulto.

La madre di Ciccio e Tore Pappalardi, ritrovati in un pozzo nel 2008, è convinta che i due fossero finiti lì dentro in seguito ad una “prova di coraggio”, un gioco tra ragazzi. Un’ipotesi senza riscontro che ha spinto il gip all’archiviazione.

Perché avrebbero scelto di non chiamare i soccorsi e di non raccontare quanto visto il giorno della tragedia?

Forse per paura o forse perché hanno ricevuto questo suggerimento da persone che allora erano più grandi di loro. Non lo sappiamo con certezza, dovrebbero essere delle nuove indagini a dirci quali sono le motivazioni alla base di questa scelta.

Avete detto che temete che quel giorno vi fosse anche un adulto, credete che possa aver accompagnato lui i bambini in quel casolare?

Questo è il nostro timore, esatto. Dovrebbe essere la Procura ad accertare quest'aspetto. Ciccio e Tore non sarebbero mai andati lì da soli. I bambini che erano con loro sono stati ascoltati all'epoca, ma chi di dovere non ha approfondito. Quello che serviva era una maggiore cura nelle indagini, interrogando con più attenzione i ragazzini avremmo avuto la verità anni fa.

Avete sottolineato che Ciccio e Tore non avrebbero mai potuto andare da soli in quel casolare. Credete che qualcuno possa averceli portati in auto?

Il casolare è raggiungibile anche a piedi, non era necessaria una macchina. Quando diciamo che da soli non si sarebbero mai spinti fino a lì, intendiamo dire che avevano paura di quel luogo. Qualcuno li ha convinti ad andarci, forse ce li ha accompagnati. La Procura dovrebbe indagare e chiarire la dinamica.

Avete mai parlato con gli amichetti di Ciccio e Tore?

No, mai. Non abbiamo mai avuto modo di confrontarci o di fargli domande su quanto accaduto. Presenteremo istanza per la riapertura delle indagini e solo così, forse, riusciremo ad ottenere le risposte che cerchiamo ancora da tanti anni.

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