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Omaggi a Mussolini e alle SS. Chi è Andrea Chesi, il neofascista che voleva attaccare una moschea

Andrea Chesi – una delle persone arrestate ieri a Siena con l’accusa di escogitare un piano eversivo che doveva comprendere, tra le altre cose, un attentato a una moschea – aveva una passione smisurata per le armi da fuoco: ne deteneva 16, costruiva silenziatori e faceva parte di un gruppo di neofascisti “pronti all’azione”.
A cura di Davide Falcioni
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All'apparenza era un normalissimo impiegato di banca, in una filiale di MPS. In realtà aveva una "vita parallela", anzi una vera e propria ossessione: quella per il regime fascista e Benito Mussolini. Andrea Chesi – una delle persone arrestate ieri a Siena con l'accusa di star escogitando un piano eversivo che doveva comprendere, tra le altre cose, un attentato a una moschea – aveva una passione smisurata per le armi da fuoco. Ne deteneva 16, tra pistole e fucili, ma custodiva insieme al figlio Yuri, anche lui finito in manette, polvere da sparo e parti di ordigni della seconda guerra mondiale.

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Andrea Chesi non era dunque "solo" un nostalgico ma, secondo gli inquirenti, un soggetto estremamente pericoloso: non custodiva solo cimeli del ventennio fascista, busti del Duce e fotografie con tanto di saluto romano, ma anche una stazione radio con la quale intercettava le frequenze della polizia. Per gli inquirenti Chesi avrebbe addirittura "ripristinato un tornio acquistato con l’intenzione di realizzare silenziatori per le sue armi", pistole e fucili che, stando alle sue parole, sarebbe stato pronto ad utilizzare  in caso di "esigenza". Intercettato, a uomo che nella rubrica del cellulare ha registrato come "Camerata" e che si occuperebbe di intelligence, Chesi dice: "Quello che fai te io l’ho fatto a suo tempo, tempo del Sismi e del Sisde", due dei più importanti servizi segreti italiani di cui sostiene di aver fatto parte in passato. Politicamente – ricorda il Corriere – risulta essersi candidato per le elezioni provinciali di Siena nel 2009 in Alleanza Nazionale senza riuscire a farsi eleggere.

Chesi – secondo la Procura diretta da Giuseppe Creazzo – aveva fondato un gruppo ristretto di estremisti di destra denominato "Ritorneremo", "camerati" (come li definisce lui stesso) pronti all'azione. Di quel gruppo avrebbe fatto parte anche il figlio Yuri con il quale sovente parlava di armi e che gli comunicava i suoi ritrovamenti bellici nelle campagne senesi. In un'occasione, in un mercatino dell'antiquariato, il ragazzo avrebbe trovato anche una granata non disinnescata. Il padre gli ordina di prenderla, ma la risposta è negativa: "No, il tappo di sotto è deteriorato e ho paura che mi salti in macchina".

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