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Moussa Balde, migrante 23enne suicida al Cpr di Torino: primi indagati, ipotesi omicidio colposo

Primi indagati nell’inchiesta sulla morte di Moussa Balde, il 23enne originario della Guinea morto suicida all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio di Torino. Sono il direttore della struttura e il medico coordinatore. Pochi giorni prima del gesto estremo il ragazzo era stato aggredito da tre italiani all’uscita di un supermercato di Ventimiglia e picchiato.
A cura di Susanna Picone
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Ci sono i primi indagati nell'inchiesta sulla morte di Moussa Balde, il ragazzo di 23 anni originario della Guinea che si è suicidato all'interno del Centro di permanenza per il rimpatrio di Torino a fine maggio. Risultano indagati il direttore della struttura e il medico coordinatore. La procura, che ora ipotizza l'omicidio colposo, intende valutare se siano state violate regole e norme di cautela, portando il giovane migrante al drammatico gesto estremo. A quanto emerso, ieri il procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e il pubblico ministero Rossella Salvati hanno fatto un'ispezione al Cpr, insieme ai carabinieri del Nas e a personale medico. Vogliono rendersi conto dello stato dei luoghi e della situazione all'interno della struttura in cui si trovava Moussa.

L'aggressione e il suicidio di Moussa Balde

Appena due settimane prima del suicidio, il giovane era stato vittima di una brutale aggressione all'uscita di un supermercato di Ventimiglia. Accusato di una tentata rapina, dopo un litigio nel supermercato Moussa era stato picchiato con dei tubi da tre italiani. Gli aggressori, identificati dal video realizzato da un passante e diventato virale, andranno a processo per lesioni, ma senza l'aggravante razziale, di cui però resta il dubbio. Dopo le cure in ospedale Moussa Balde era poi stato dimesso con una prognosi di dieci giorni e trasferito al Cpr, avendo il permesso di soggiorno scaduto e un decreto di espulsione. Lì il 23enne dopo qualche giorno si è impiccato di notte, utilizzando le lenzuola in dotazione nella sua camera da letto.

"Sognava un'altra vita in Italia, con un lavoro, perché nel proprio Paese non avrebbe potuto rientrare. Diceva che sarebbe stato ucciso dalle stesse persone che lo avevano spinto a scappare. È probabile che si sia scontrato con la realtà e che questo possa avergli provocato un crollo psicologico”, le parole di un amico del migrante suicida. Il giovane era arrivato in Italia con un barcone nel 2017.

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