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Morto a 105 anni Vittorio Palmas, l’uomo sopravvissuto al lager per soli due chili

È morto all’età di 105 anni Vittorio Palmas, il nonnino sardo protagonista di una straordinaria vicenda che lo ha visto sopravvivere alla terribile deportazione nel lager di Bergen-Belsen e alle camere a gas dei nazisti per soli due chili di troppo. “Se avessi pesato 35 chili mi avrebbero ucciso e buttato nelle camera a gas” raccontava nonno Vittorio.
A cura di Antonio Palma
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Si è spento nelle scorse ore all'età di 105  anni Vittorio Palmas, il nonnino di Perdasdefogu, in provincia di Nuoro, protagonista di una straordinaria vicenda umana che lo ha visto sopravvivere alla terribile deportazione nel lager di Bergen-Belsen e alle camere a gas dei nazisti per soli due chili. La sua storia fatta di dolori, di forza di volontà e di riscatto è stata protagonista nel recente passato anche di un libro intitolato Il forno e la sirena” e di uno spettacolo teatrale intitolato “Storia di un uomo magro” . Nato nel 1913, Vittorio aveva dovuto assistere da piccolo alla morte della madre e al relativo allontanamento dalla casa di famiglia dopo che il padre si era risposato ma prove ancora più dure le ha dovute affrontare con la seconda guerra mondiale.

Arruolato e combattente dal 1940, nel 1943 Vittorio Palmas  venne deportato nel campo di concentramento di Bergen-Belsen dove  si salvò dalla camera a gas solo perché pesava 37 chili. "Se avessi pesato 35 chili mi avrebbero ucciso e buttato nelle camera a gas come tanti altri, come quelli che nel camerone erano stati messi nella fila di destra. Sono vivo per miracolo, per due chili, benedetta sia quella bilancia" amava ripetere Vittorio nelle tante interviste a cui era stato sottoposto anche dai giornali internazionali. Una notorietà di cui non si capacitava ripetendo: "Non ho alcun merito, dovevo solo ubbidire a gente senza cuore, io ero comandato, uno schiavo, sono stato una vittima dell’orrore della seconda guerra mondiale. Vorrei solo che le guerre non si ripetessero".

Anche al ritorno a casa dopo il lager, però, la vita non è stata facile per lui. Vittorio ha scoperto che aveva perso la moglie, Fortunata, e di lì a poco gli è morta anche la figlia Maria. Decise così di risposarsi e nel 1946, prese in moglie Giuseppina Carta, con la quale ha festeggiato i 70 anni di matrimonio, prima di diventare di nuovo vedovo. A fargli compagnia fino all'ultimo però sono rimaste le sue 5 figlie e la schiera di nipoti e pronipoti.

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