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Lecce, 15enne non convocato per la partita di calcio: padre brucia l’auto dell’allenatore

Vittima dell’insensata rappresaglia è Marco Piliego, 57enne tecnico pugliese di Brindisi che all’epoca dei fatti era l’allenatore di una squadra under 15 di Lecce. I radi punitivo ideato da una papà 41enne che ha ingaggiato un 24enne del posto per mettere in atto il gesto senza parteciparvi direttamente.
A cura di Antonio Palma
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Infuriato per l'ennesima esclusione del figlio 15enne dai convocati per la partita di calcio, ha messo in atto un vero e proprio raid punitivo durante il quale si è vendicato a modo suo contro l'allenatore facendogli incendiare l'auto. Vittima dell'insensata rappresaglia è Marco Piliego, 57enne tecnico pugliese di Brindisi ed esperto di settori  giovanili di calcio tanto da essere arrivato ad assumere l'incarico di responsabile tecnico del Centro Federale di Ceglie Messapico. L'Episodio risale a un anno fa quando l'allenatore era alla guida della squadra under 15 del Lecce e ritrovò la sua vettura completamente distrutta dalle fiamme nel parcheggio in un centro sportivo a Cavallino, in provincia di Lecce. Fortunatamente del rogo ci si accorse subito e le altre vetture parcheggiate furono risparmiate dalla distruzione. Dai primi accertamenti sul posto si era subito capito che si trattava di matrice dolosa. I carabiniere infatti trovarono residui di diavolina sotto il mezzo ma ci sono voluti comunque mesi di indagini da parte degli inquirenti per individuare i responsabili.

Si è scoperto così che il gesto era opera del papà di uno dei ragazzi allievi del mister che aveva deciso di farla pagare all'allenatore per la mancata convocazione del figlio per la successiva partita della formazione Under 15 in programma. Si tratta di un 41enne che, all'oscuro del figlio, aveva ingaggiato anche un amico, un 24enne del posto, per mettere in atto il suo gesto. Entrambi sono stati ora denunciati a piede libero dai militari dell'arma. A loro si è arrivati dopo una complessa e lunga indagine che ha dovuto incrociare filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona, tabulati telefonici e infine i dati del localizzatore gps dell’auto degli indagati. L'inchiesta però prosegue, visto che, secondo gli inquirenti, al lavoro quel giorno vi era anche un'altra persone che avrebbe preso parte al raid punitivo la cui identità però al momento è ignota.

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