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L’allarme di Save the Children, l’abbandono scolastico è al 12,7%: “Governo investa 5% del Pil”

Save the Children lancia un rapporto sulla scuola in cui si mette in evidenza come l’aumento della povertà tra i minori mette a rischio i percorsi educativi. Un diplomato su 10 è “senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università”.
A cura di Biagio Chiariello
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In Italia l'aumento della povertà tra i minori (un milione e 382mila di minori sono in stato di povertà assoluta) mette a rischio i percorsi educativi; la dispersione scolastica è al 12,7% e i 15-29enni senza scuola, formazione o lavoro sono al 23,1%, più che in ogni altro Paese europeo; i deficit strutturali del sistema scolastico a livello nazionale e locale, in termini di spazi, servizi e tempi educativi, come mensa e tempo pieno, palestra e agibilità delle scuole, mettono in luce la relazione effettiva tra disuguaglianze di offerta sui territori e esiti scolastici.

Sono le più importanti evidenze che emergono dal nuovo rapporto “Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola
italiana” lanciato oggi da Save the Children.

Disuguaglianze territoriali e povertà educativa in Italia

Le disuguaglianze territoriali in Italia sono direttamente collegate al fenomeno della dispersione ‘implicita' al termine del ciclo scolastico della scuola superiore a livello nazionale che raggiunge il 9,7%. Come si legge infatti nel rapporto:

Nonostante una consistente riduzione avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia, con un -4,3%, e in Calabria con -3,8%, nelle regioni meridionali infatti, permangono percentuali di ‘dispersi’ alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8% in Campania. Se guardiamo poi alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiungono il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Nel caso della dispersione esplicita, l’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del sud va ben oltre la media nazionale, toccando il 12,7%, con picchi in Sicilia, 21,1% e Puglia, 17,6%, e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania, 16,4% e Calabria, 14%. Anche prendendo in esame la percentuale dei NEET, che in
Italia è del 23,1%, in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni nel limbo hanno addirittura superato i coetanei che lavorano (3 giovani NEET ogni 2 giovani
occupati).

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Nel rapporto vengono poi presi in considerazione alcuni indicatori “strutturali” inerenti la scuola, come la presenza di mensa scolastica e tempo pieno, palestra e certificato di agibilità, mettendo in luce la correlazione positiva tra la qualità dell’offerta in termini di strutture e tempo scuola e il livello di apprendimento conseguito da studentesse e studenti.

Mettendo a confronto le 10 province italiane con l’indice di dispersione “implicita” più bassa e più alta, si rileva come nelle province dove l’indice di dispersione “implicita” è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini:

  • maggior offerta di tempo pieno, frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione,
  • maggior numero di mense, il 25,9% delle scuole contro il 18,8%,
  • di palestre, 42,4% contro 29%,
  • sono dotate di certificato di agibilità, 47,9% contro 25,3%.

Questa correlazione appare ancora più importante se si considerano i ragazzi più svantaggiati dal punto di vista socioeconomico. Infatti, la dispersione “implicita” appare significativamente inferiore in quelle province italiane dove almeno la metà degli alunni della scuola primaria frequentano il tempo pieno e almeno la metà delle scuole ha la mensa.

Solo nelle province del Centro e Nord Italia, ad esempio, la metà delle scuole primarie è provvista della mensa scolastica, fondamentale per assicurare il tempo pieno, ma importante anche per garantire a tutti in bambini, soprattutto quelli in povertà assoluta, un’alimentazione corretta per lo sviluppo psico-fisico e uno spazio importante di socialità e relazione.

Le richieste di Save The Children al governo

È un vero paradosso che, pur ribadendo l’importanza della qualità dell’offerta educativa, i territori dove la povertà minorile è più forte siano in Italia quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre.

È un vero paradosso che, pur ribadendo l’importanza della qualità dell’offerta educativa, i territori dove la povertà minorile è più forte siano in Italia quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre.

“Nelle zone più deprivate dove operiamo, tocchiamo con mano gli effetti sui bambini e gli adolescenti dell’onda lunga della crisi prodotta dalla pandemia e di una povertà che colpisce, con l’aumento dell’inflazione, in primo luogo le famiglie con bambini. Sono quartieri nei quali la scuola rappresenta un presidio fondamentale per tutta la comunità” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Proprio dove i minori affrontano, con le loro famiglie, le maggiori difficoltà economiche c’è al contrario maggior bisogno di un’offerta educativa più ricca.

“Per questo chiediamo al nuovo governo che si formerà un investimento straordinario che parta dalla attivazione di "aree ad alta densità educativa" nei territori più deprivati, in modo da assicurare asili nido, servizi per la prima infanzia, scuole primarie a tempo pieno con mense, spazi per lo sport e il movimento, ambienti scolastici sicuri, sostenibili e digitali” conclude Raffaela Milano.

È fondamentale quindi aumentare significativamente, più che diminuire, le risorse per l’istruzione, portandole al pari della media europea, ovvero il 5% del PIL. È evidente, infatti, che i fondi attualmente previsti sono già oggi insufficienti a garantire un’offerta educativa di qualità, con spazi e servizi adeguati in tutti i territori, nonostante i minori costi dovuti al calo demografico.

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