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La Ue dice che non ci sarà una Mare Nostrum europea, per evitare una nuova Cutro

Dopo che decine di migranti sono affogati nel Mediterraneo negli ultimi giorni, i vertici della Commissione Ue affrontano i temi legati all’immigrazione, in una conferenza stampa a Strasburgo. E gelano le aspettative di chi chiede un’operazione di ricerca e soccorso europea.
A cura di Marco Billeci
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Non bastano le decine di morti degli ultimi naufragi nel Mediterraneo, per convincere la Ue a tentare di costruire una missione comunitaria di ricerca e salvataggio in mare, quella Mare Nostrum europea, da più parti invocata, di nuovo negli ultimi giorni. In linea, almeno su questo punto,  con le posizioni del governo Meloni, i vertici europei continuano a sostenere che l'unico modo per evitare i morti, sia fermare le partenze dei barconi, verso le coste del continente. Una soluzione di medio-lungo periodo, che lascia senza risposta, la necessità immediata di salvare le vite umane, di chi si trova in mezzo al mare.

L'occasione per ribadire la posizione della Commissione europea, è la conferenza stampa tenuta a Strasburgo dal vicepresidente  Schinas e dalla commissaria per gli Affari Interni Johansson. L'evento è convocato per illustrare le nuove linee guida guida, approvate dall'organismo di governo comunitario, sul sistema dei rimpatri e sulla gestione delle frontiere, che dovrebbero ispirare l'azione di tutti gli Stati membri, da qui ai prossimi cinque anni. Come è ovvio, però, nel corso del dibattito con i giornalisti, si impongono le questioni irrisolte, legate al naufragio di Cutro, in cui hanno perso la vita almeno ottanta persone, e a quello avvenuto domenica 12 marzo, a largo delle coste libiche, con 30 morti.

In particolare, per quanto riguarda quest'ultimo caso, è stato sottolineato come, oltre ai mezzi della nostra Guardia Costiera, non siano intervenuti nemmeno quelli di Irini, la missione europea che ha come scopo principale, il controllo del rispetto di embargo di armi da e verso la Libia. Questo, nonostante il barcone si trovasse in acque internazionali, pur se all'interno dell'area Sar della Libia, che però non ha prestato soccorso.

Nessuna Mare Nostrum euorpea

"Le coste delle Calabria o quelle della Libia, ma anche un sentiero in Bulgaria. Ogni vita che si perde per colpa dei trafficanti e degli scafisti è nostra responsabilità, quindi dobbiamo fare di tutto per evitare la perdita di vite umane", dice Schinas, nel corso della conferenza stampa. E però quando Fanpage.it chiede se la sola possibilità, per assicurare soccorso a tutti i migranti in difficoltà in mezzo al mare, sia una missione di ricerca e soccorso europea, la commissaria Johansson replica: "L'unico modo sostenibile per salvare le vite umane è evitare che gli scafisti ce la facciano a vendere questi viaggi estremamente costosi e  pericolosi, per i poveri disperati che si imbarcano". Secondo Johansson: "Se ci sono partenze con imbarcazioni fatiscenti e condizioni metereologiche impossibili, morirà sempre qualcuno".

D'altra parte,  ribatte Schinas, "abbiamo salvato un milione di esseri umani nel Mediterraneo, è una cosa di cui nessuno parla. Invece, sarebbe giusto ricordarlo". Entrambi difendono anche l'operato della autorità italiane,  a partire dal caso di Cutro, sposando la tesi per cui, nonostante la segnalazione di Frontex, a Roma, "non sapevano che si poteva trattare di una situazione di ricerca e salvataggio, perché l'imbarcazione non pareva in difficoltà". Aggiunge Johansson: "la Guardia Costiera sta facendo un ottimo lavoro, nell'ultimo weekend ha salvato 1300 persone".

Oltre ala lotta ai trafficanti, gli esponenti della Commissione Ue  mettono in fila gli altri elementi della strategia per stoppare gli sbarchi: miglioramento delle condizioni di vita nei luoghi d'origine dei migranti, lavoro con i Paesi di transito, investimento in percorsi legali di immigrazione, cooperazione tra Stati membri e agenzie europee. Tutti temi che da anni, ritornano, nel dibattito italiano ed europeo, ma che a oggi non sono stati sufficienti, per fermare le partenze illegali.

"Se si guarda a quanto è stato fatto negli ultimi tre anni e mezzo da parte della commissione, abbiamo avuto maggiore successo lavorando come pompieri che non come architetti", ammette Schinas. Rilanciando, però, quella che la Commissione considera la chiave di volta, nella gestione dei flussi: il patto per le migrazioni e asilo, un sistema di norme comuni, che affrontino tutti gli aspetti del fenomeno. Le istituzioni stanno negoziando da tempo questo pacchetto e vorrebbero chiuderlo, prima delle prossime elezioni europee, nel 2024.

"A tutti quelli che si chiedono che cosa sta facendo l'Europa  – dice il vicepresidente Ue  -, dobbiamo rispondere andando avanti e cercando di avere questo sistema, sancito da una legge europea, che sia immediatamente applicabile, sotto il controllo della Corte Europea. Questa è l'unica cosa che ancora non abbiamo tentato di fare. Tutto il resto lo abbiamo provato".  Lo stesso Schinas però rivela che ad esempio sulla parte delle regole che riguarda la ricerca e il salvataggio ancora l'accordo non c'è.

"L'Italia non è sola"

Intanto il governo Meloni batte forte sul tasto dell'Italia lasciata sola dall'Europa, ad affrontare le ondate di migranti. E se la commissaria agli Affari Interni Johansson dice che certo "la responsabilità di rispondere è europea, non solo italiana", il vicepresidente Schinas però smonta l'immagine del nostro Paese abbandonato a sé stesso. "Sembra quasi che l'Europa sia un altro pianeta – dice -, ma l'Europa siamo tutti noi, il parlamento, la commissione e anche l'Italia, che ricordo è uno dei principali beneficiari del nostro aiuto, per le migrazioni. Noi lavoriamo a stretto contatto con le autorità italiane".

Schinas si mostra scettico anche su un'altra questione sollevata da Roma: la possibilità che i miliziani russi della Wagner presenti in Africa stiano usando le partenze dei migranti, per destabilizzare l'Europa, come suggerito dal ministro della Difesa Crosetto. "Gruppo Wagner sì o no non è la questione fondamentale – conclude Schinas -. Il punto centrale è  che nei Paesi di origine e di transito è necessario fare in modo che le persone possano vivere in condizioni migliori, in modo tale che non finiscano vittime dei trafficanti. Perdere tempo, considerando altre questioni che sono secondarie non ha senso, a mio avviso."

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