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“La mia morte è condanna per chi ne è stato la causa” la lettera dell’ex assessore suicida Burzi

La lettera scritta prima di morire dall’ex assessore e consigliere regionale del Piemonte Angelo Burzi, morto suicida: “Io innocente ma non più in grado di tollerare questa sofferenza”
A cura di Antonio Palma
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Il mio gesto "spero sia di esplicita condanna per coloro che ne sono stati concausa e di memoria per coloro che, leggendo queste poche righe, le potessero condividere" è un passaggio della lettera scritta prima di morire dall'ex assessore e consigliere regionale del Piemonte Angelo Burzi, morto suicida nella notte di Natale in casa. Una missiva indirizzata agli amici e vero e proprio atto di accusa contro coloro che lo avevano prima incriminato e poi condannato nell’ambito di Rimborsopoli, l’inchiesta giudiziaria sulle spese pazze dei consiglieri comunali. Nella lettera, una delle tre scritte da Burzi prima di suicidarsi a 73 anni con un colpo di pistola, Lo storico esponente di Forza Italia ribadisce la sua innocenza ma anche la mancanza di forze per sostenere la battaglia legale e personale.

"Il mio abbandono non è in alcun modo connesso con il Natale, è solo dovuto alla concomitante assenza fisica di mia moglie, il che lo rende oggi praticabile" spiega Burzi nella lettera, riportata dall'Ansa, in cui ricostruisce la vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto e che circa due settimane fa, il 14 dicembre, ha portato alla sua condanna a 3 anni di carcere da parte della Corte d'Appello di Torio dopo una prima assoluzione in primo grado. "Lo scrivente è certo di essere totalmente innocente nei riguardi delle accuse a lui rivolte", ma con la condanna "iniziano i problemi seri perché interverrà la sospensione dell’erogazione del vitalizio per la durata della condanna" si legge ancora nella letta del 73enne, che aggiunge: "Credo tutto ciò sia soggettivamente insostenibile, banalmente perché col vitalizio io ci vivo, non essendomi nel corso della mia attività politica in alcun modo arricchito, e sostanzialmente perché non sono più in grado di tollerare ulteriormente la sofferenza, l’ansia, l’angoscia che in questi anni ho generato oltre che a me stesso anche attorno a me nelle persone che mi sono più care, mia moglie, le mie figlie, i miei amici". "Preferisco dare loro oggi, adesso, una dose di dolore più violenta, ma una tantum… poi la loro vita potrà ricominciare visto che hanno, contrariamente a me, una larga porzione di futuro davanti a sé, futuro che non voglio danneggiare o mettere a rischio con una inutile mia ulteriore presenza su questo palcoscenico" ha scritto Burzi

Infine l'atto di accusa contro magistrati, procura e giudici. "Serve anche fare un non esaustivo elenco dei personaggi che maggiormente hanno contraddistinto in maniera negativa questo mia vicenda in quasi dieci anni. Dapprima i giudici del primo processo d’appello, i quali, con una sentenza che definire iniqua e politicamente violenta è molto poco, azzerarono la sentenza di primo grado che mi vide assolto per insussistenza del fatto dopo due anni di dibattimento in aula. Poi l’uomo nero, il vero cattivo della storia, il sostituto procuratore che dall’inizio perseguì la sua logica colpevolista, direi politicamente colpevolista" scrive Burzi che concluse: "Siccome arrendermi non è mai stata un’opzione,  esprimo la mia protesta più forte interrompendo il gioco, abbandonando il campo in modo definitivo".

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