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La grande fuga dei medici dagli ospedali italiani: “Stipendi bassi, aggressioni e nessuna tutela”

L’intervista di Fanpage.it a Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaoo Assomed, l’associazione dei medici dirigenti: “Solo nel 2022 oltre 3000 camici bianchi hanno lasciato gli ospedali. Stipendi bassi, nessuna valorizzazione, aggressioni e zero tutele”.
A cura di Ida Artiaco
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In Italia ogni giorno dieci medici lasciano gli ospedali. Ne sono stati in totale oltre tremila solo nel 2022, in aumento rispetto all'anno precedente. Sono questi i numeri sulla fuga dei camici bianchi italiani di Anaoo Assomed, l'associazione dei medici dirigenti: alcuni decidono di trasferirsi all'estero per guadagnare di più, altri optano per lavorare in forma privata e ci sono pure quelli che tentano il concorso per medico di base, pensando così di avere una vita più tranquilla.

I motivi sono molteplici, come ha spiegato a Fanpage.it Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaoo Assomed, che ha illustrato perché la categoria si trova ad affrontare una situazione del genere dopo la pandemia e cosa le istituzioni dovrebbero fare per invertire questa tendenza dal punto di vista economico e legislativo.

Dott. Di Silverio, perché i medici italiani fuggono all'estero e negli studi privati?

"Ci sono diversi fattori: prima di tutto, c'è una condizione nella quale versa la professione medica che ci sottopone costantemente a quei tribunali con una penalizzazione dell'atto medico. Poi c'è il lato economico, dato che siamo i meno pagati d'Europa, con una pressione fiscale del 43%.

Per non parlare della carenza di personale, che è il lato più organizzativo, e del fatto che solo il 7% dei medici riesce a fare carriera e quindi si vede un riconoscimento professionale, ingabbiato in incompatibilità dovute al fatto che noi rientriamo nella pubblica amministrazione, unico caso al mondo. Infine, c'è il problema degli ospedali italiani e della gestione delle cure: il ruolo del medico sociale in Italia è un ruolo che si allontana inevitabilmente dalla professione. Siamo aggrediti, violentati, non tutelati da nessuno".

La pandemia di Covid-19 ha reso le cose più difficili per i medici?

"La pandemia ha peggiorato tutto perché queste condizioni sono state esasperate soprattutto in termini di richieste di cure non espresse. Prima accennavo all'aggressione e alla denuncia che subiscono i medici ma queste derivano anche dal fatto che il cittadino non vede delle risposte rispetto alle proprie richieste e ci utilizza come capro espiatorio.

Ha peggiorato la situazione perché il medico ha dovuto regalare alle aziende ore di lavoro, sottoponendosi a turni massacranti, con il risultato Oggi più del 75% di noi è in burnout. C'è stato un effetto domino: il medico sta peggio, se ne va, c'è carenza di personale, le condizioni di lavoro peggiorano, i pazienti hanno meno cure e si rivolgono male ai sanitari".

Cosa chiedete alle istituzioni per invertire questo trend?

"Noi chiediamo interventi legislativi ed economici. In primis, la depenalizzazione dell'atto medico, la riforma integrale del decreto 70, con aumenti di posti letto e soprattutto aumenti di personale medico, un investimento economico sullo stipendio dei medici e un percorso che porti l'ospedale a essere un luogo sicuro di cura. Chiediamo anche la liberalizzazione della professione, nel senso che il medico non può essere soggetto a questa burocratizzazione. Noi dobbiamo fare i medici, la parte burocratica deve stare agli amministrativi".

In queste settimane centinaia di studenti italiani stanno affrontando i test di medicina, che resta una facoltà a numero chiuso. Credo che si debba cambiare qualcosa da questo punto di vista?

"Io credo che si debba continuare col numero programmato, non può essere liberalizzato per evitare che si riviva quella pletora medica che abbiamo visto prima negli anni Ottanta, quando l'accesso era ancora aperto, e poi abbiamo vissuto in termini di laureati con il buco formativo che abbiamo risolto solo da un anno grazie ai finanziamenti. Bisognerebbe più che altro intervenire sulla programmazione".

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