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Italiani tagliano sempre più le spese mediche, per 4,5 milioni di famiglie curarsi è un lusso

I dati della ricerca del Crea dell’Università Tor Vergata di Roma: si allarga il divario dei finanziamenti tra Italia e Ue e per il 5,5% delle famiglie curarsi è diventato ormai un lusso. Tutto questo nonostante sia la stessa ricerca a confermare che l’Italia ha i migliori risultati sanitari nel mondo con costi controllati.
A cura di Antonio Palma
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Con la crisi economica che ha colpito il Paese, gli italiani da tempo hanno deciso di dare un taglio alle proprie spese sanitarie. Un meccanismo che via via ha coinvolto sempre più nuclei familiari tanto che oggi sono ben 4,5 milioni le famiglie italiane che considerano le cure un lusso da non potersi permettere. È quanto emerge dall'ultimo Rapporto Crea-Sanità dell'Università Tor Vergata di Roma, che mette insieme una serie di studi e ricerche nazionali e internazionali insieme a suoi approfondiment . Secondo i dati raccolti, il 17,6% delle famiglie residenti ha dichiarato di aver cercato di limitare le spese sanitarie per motivi economici (100mila in più rispetto al 2015), e di queste 1,1 milioni addirittura le hanno annullate del tutto. Le spese sanitarie sono un lusso per il 5,5% dei nuclei familiari, un dato che aumenta se ci sono situazioni sanitarie complesse in famiglia.

Un dato allarmante che vai di pari passo con l'incidenza del fenomeno dell'impoverimento delle famiglie per spese sanitarie che si è paradossalmente ridotto ma questo, chiariscono i ricercatori, è avvenuto “per effetto della riduzione della spesa pro-capite media effettiva delle famiglie". Ad essere colpito è soprattutto il Mezzogiorno (5,6% delle famiglie), seguita dal Centro (5,1%), dal Nord-Ovest (3,0%) e dal Nord-Est (2,8%). Rispetto all'anno precedente si è registrata una riduzione del disagio nelle Regioni del Centro e del Nord ed un sensibile aumento in quelle del Sud, in particolare in Calabria e Sicilia. Al contrario in Trentino Alto Adige, dove solo il 2,3% delle famiglie residenti è in condizioni di disagio economico dovuto ai consumi sanitari, e la Lombardia con il 3,1%.

Tutto questo nonostante sia la stessa ricerca a confermare che l'Italia ha i migliori risultati sanitari nel mondo con costi controllati come dimostrano tra l'altro i dati sull'aspettativa di vita, (85,6 anni per le donne e 81 per gli uomini) che ci fanno essere uno dei Paesi più longevi al mondo.   Secondo i ricercatori, infatti, non è solo un problema di maggiori risorse al servizio sanitario nazionale che pure servirebbero in quanto il gap con l’Ue è aumentato ancora, ma è un problema di mentalità. occorre “fare pulizia di vari misunderstandings, che rischiano di portare a decisioni scorrette per difetti di impostazione dei ragionamenti”.  "Le compartecipazioni sono ingegnerizzate molto male: quelle fisse sulle ricette, per di più non esenti, sono la causa primaria di impoverimento. I ticket sulle prestazioni specialistiche hanno messo, in più di qualche caso, fuori mercato il Ssn" spiegano ad esempio gli studiosi. Anche "il problema delle liste di attesa risiede nel fatto che esse vengono percepite dai cittadini come inefficienze del sistema, mentre sono, in buona misura, una difesa messa in atto dal sistema per evitare la proliferazione di prestazioni che, in quanto non urgenti, sono anche a maggior rischio di inappropriatezza. Se si volessero uguagliare le condizioni di accesso, basterebbe sancire che dopo un certo numero di giorni di attesa i cittadini hanno diritto di effettuare la prestazione in regime di indiretta, ricevendo poi il rimborso della prestazione". Infine, evidenziano i ricercatori, "dobbiamo confermare che in Italia il primo, e purtroppo persistente e inossidabile, motivo di iniquità, rimane il divario tra Settentrione e Meridione. Divario che arriva a coinvolgere l’aspettativa di vita, con oltre un anno di svantaggio per le Regioni del Mezzogiorno; prosegue per la cronicità e la disabilità, malgrado quelle del Sud siano Regioni con una popolazione mediamente più giovane, per le quali (in fase di finanziamento) si presuppone un minor assorbimento di risorse”.

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