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Genova: il gasometro “é pericolante”, ma tra Covid e burocrazia non si può abbattere

In molti lo vedono come un “enorme bidone della spazzatura” altri come “un monumento di archeologia industriale”. L’ex gasometro, non lontano dal Ponte Morandi, è degradato ma non si può abbattere perché automaticamente vincolato in quanto ex bene pubblico, costruito da oltre 70 anni. Poi c’è anche la questione Covid 19…
A cura di Biagio Chiariello
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“Grave degrado delle sovrastrutture”, “ossidazione delle lamiere” ed “esiguità statica”. Per questo motivo l’ex gasometro di Genova rappresenta “un potenziale rischio per le ripercussioni che potrebbe arrecare alle aree circostanti… fra cui l’adiacente nuovo viadotto autostradale di prossima inaugurazione”. A metterlo nero su bianco Ireti, proprietaria dell’enorme cilindro di ferro a fianco del nuovo viadotto sul Polcevera. La società di Iren, di cui il Comune di Genova è primo azionista, si sarebbe dovuta occupare della demolizione. Una decisione già presa a febbraio con tanto di ruspe trasferite in cantiere per iniziare la demolizione. Ma il Covid, a marzo, ha bloccato tutto. Nel frattempo è arrivata la Soprintendenza, che non era stata avvertita della demolizione.

Per quanto fatiscente, il gasometro non è abbattibile perché, in assenza di un pronunciamento contrario, è automaticamente vincolato in quanto ex bene pubblico, costruito da oltre 70 anni. Dalla scheda di catalogo ministeriale, infatti, è stato costruito nel 1942. “La torre ottogonale risulta essere nel panorama della Valpolcevera uno dei punti di riferimento visivi e uno dei pochi segni del passato industriale rimasti — scrive la Soprintendenza — I moduli costruttivi e le scale di servizio formano un insieme armonico finemente decorativo nella sua essenzialità. Pertanto il gasometro rappresenta un vero monumento di archeologia industriale che indipendentemente dalla data esatta della sua realizzazione meriterebbe di essere tutelato e valorizzato”.

Sul tema dell’abbattimento si sono confrontati docenti, studiosi, ricercatori, storici dell’arte, cittadini. C’è chi non vede l’ora di abbattere questo “enorme bidone della spazzatura”, chi chiede di “salvare un monumento di archeologia industriale”. Stefano Boeri, l’archistar incaricato dal Comune di Genova di ripensare la trasformazione del quartiere, vorrebbe mantenerlo in piedi. “Salviamo un patrimonio prezioso della nostra città”, è l’appello. Così la pensano ad esempio Giovanna Rosso, docente genovese di Archeologia Industriale, che da tempo si batte per tenere vivo il confronto sul gasometro, e l’architetto Carlo Berio, sostenitore di un’urbanistica rispettosa della storia e del passato dei territori. A favore dell’abbattimento è invece la giunta comunale. “Stiamo parlando di una cisterna industriale, di cui non sappiamo con numeri certi lo stato di conservazione, di cui costerebbe troppo la messa in sicurezza, figuriamoci una grande trasformazione”, fanno sapere dall’assessorato all’Urbanistica. Ma intanto, tra Coronavirus e questioni burocratiche, è tutto bloccato.

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