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Foggia, rompe il braccio al figlio 13enne con una spranga di ferro. Nei guai anche la zia

La polizia di Foggia ha applicato un’ordinanza di divieto di avvicinamento nei confronti di due fratelli macedoni accusati di maltrattamenti e lesioni personali ai danni del figlio tredicenne dell’uomo. I due sottoponevano a continui maltrattamenti il ragazzo. L’indagine è partita a seguito di una segnalazione da parte di alcuni volontari di una comunità secondo cui il minorenne era spesso trascurato, soprattutto nella cura dell’igiene personale.
A cura di Susanna Picone
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Un ragazzino di tredici anni che veniva ripetutamente maltrattato da suo padre e da sua zia e che ha subito anche la frattura di un braccio a causa delle botte del genitore. Accade a Foggia, dove gli agenti della squadra mobile hanno eseguito una ordinanza applicativa del divieto di avvicinamento, emessa dal gip del Tribunale di Foggia, nei confronti di due cittadini macedoni, fratello e sorella di trentuno e ventisette anni. I due, rispettivamente papà e zia del tredicenne, sono accusati di maltrattamenti e lesioni personali. A quanto ricostruito, l’uomo maltrattava e picchiava il figlio con la complicità della zia della giovane vittima. A gennaio scorso l'episodio più grave quando il genitore, con un spranga di ferro, ha picchiato il ragazzo fratturandogli l'avambraccio destro e la rotula sinistra.

Il ragazzino trascurato anche nella cura dell'igiene personale – L'indagine è partita a seguito di una segnalazione da parte di alcuni volontari di una comunità foggiana che seguivano il ragazzino. I volontari hanno denunciato che il minorenne era spesso trascurato, soprattutto nella cura dell'igiene personale. È anche emerso che spesso il ragazzino veniva lasciato solo a casa e tante volte i familiari gli impedivano anche di giocare con altri bambini. E non solo: dagli accertamenti è emerso che il padre e la zia non provvedevano neppure a somministrare i farmaci di cui aveva bisogno il ragazzino, epilettico.

Il tredicenne ha confermato le violenze subite – Assistito da uno psicologo, nel corso delle indagini il minorenne è stato ascoltato dagli investigatori e a loro ha confermato le violenze subite confidando anche di avere avuto paura a riferire i soprusi. I poliziotti hanno inoltre accertato che il tredicenne veniva spesso picchiato dal padre, fomentato dalla donna, e quando le lesioni erano piuttosto evidenti non lo mandava a scuola.

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