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Daniele De Santis ed Eleonora Manta uccisi a Lecce

Fidanzati uccisi a Lecce, nel computer di De Marco trovate immagini di sesso tra minori

Il 22enne è stato condannato a 4 mesi per detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico, pena ottenuta mediante patteggiamento. Antonio De Marco sta già scontando l’ergastolo per l’omicidio di Daniele De Santis e della fidanzata Eleonora Manta.
A cura di Biagio Chiariello
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Antonio De Marco è stato condannato a quattro mesi di reclusione per il materiale pedopornografico scoperto dai carabinieri nel suo pc, durante le indagini sul duplice omicidio dell’arbitro leccese Daniele De Santis e della fidanzata Eleonora Manta.

Il 22enne di Casarano – ormai ex studente di Scienze infermieristiche al Fazzi di Lecce, che dovrà scontare la pena dell’ergastolo (decisa in primo grado di giudizio) per aver ucciso la coppia di fidanzati nel settembre 2020 nel loro primo giorno di convivenza – ha patteggiato la condanna davanti alla giudice per l'udienza preliminare Laura Liguori.

La nuova accusa era stata imputata a De Marco sulla scorta degli accertamenti condotti dai carabinieri del Ris che nel corso delle indagini sull’omicidio hanno visionato il computer del giovane, oltre al cellulare e a supporti informatici di ogni tipo.

E tra il materiale trovato nel computer dall'indagato è saltata fuori una cartella contenente delle immagini dal contenuto inequivocabile: minori impegnati in atti sessuali. Una di queste scabrose immagini sarebbe stata inviata da De Marco – hanno ricostruito gli inquirenti – sul telefonino di un’amica con cui lo studente si sentiva in chat.

Antonio De Marco
Antonio De Marco

Nello stesso computer, è già noto, gli investigatori avevano trovato gli scritti deliranti, i propositi di vendetta, che De Marco aveva appuntato nei confronti della coppia, uccisa perché felice.

Intanto il 15 dicembre partirà il secondo grado di giudizio davanti ai giudici della Corte d’Appello di Assise, in cui i legali di De Marco dovrebbero avanzare una perizia psichiatrica sul proprio assistito con l'obiettivo di fargli riconoscere l’infermità mentale. Una richiesta che si avvale dell’ultima consulenza psichiatrica che ha fatto emergere nell’accusato una grave condizione psicopatologica dello spettro autistico.

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