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Cambiamenti climatici

Emergenza Idrica, la diga del Molato è al 10%: e la pianura Padana rischia di rimanere già senza acqua

Degli 8 milioni di metri cubi che è in grado di trattenere non c’è rimasto granché, le previsioni del tempo nelle prossime settimane dicono sole e la grande diga che disseta i campi agricoli del piacentino è sotto il 10% della capienza: l’anno scorso in questo periodo era al 30%. Anche la centrale idroelettrica collegata alla diga è ferma.
A cura di Gianluca Orrù
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La Diga del Molato vista dall'alto.
La Diga del Molato vista dall'alto.
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"Nel 2022 in questo periodo, metà marzo – spiega Luigi Bisi, Presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza  – la diga era al 30%; ma visto com'è andata l'anno scorso, anno in cui non ha quasi mai piovuto, le premesse non sono buone. Abbiamo avuto situazioni simili in passato, come nel 2017, che poi si sono risolte con le piogge in primavera. Non possiamo che sperare".

La Diga del Molato in Alta Val Tidone è situata, come tutte le dighe, in un luogo piuttosto impervio sulle colline che sorgono tra il territorio pavese, ricoperte di vigneti, e le vallate verso Piacenza che segnano l'inizio della Pianura Padana e delle sue colture irrigue che, tra qualche settimana, avranno bisogno di acqua per crescere.

Luigi Bisi, presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza
Luigi Bisi, presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza

"Siamo molto preoccupati – prosegue Bisi – soprattutto perché dovremo andare a dire agli agricoltori che non potremo garantire loro l'acqua necessaria alle coltivazioni. Alcuni stanno già facendo delle valutazioni, visto che la siccità si sta prolungando, ovvero quelle di cambiare tipi di colture. L'idea sarebbe quella di passare dalle colture irrigue, come mais e pomodoro, che richiedono grandi concentrazioni di acqua in determinati periodi dell'anno, a colture che ne richiedono meno, come grano e orzo, ma questo vuol dire perdita di posti di lavoro e di valore aggiunto per le aziende, che fanno di prodotti come i pomodori e la frutta un vanto del Made in Italy. Non possiamo vivere di solo grano e orzo, abbiamo bisogno anche delle colture irrigue".

Il Fascio che troneggia sulla Diga del Molato
Il Fascio che troneggia sulla Diga del Molato

La Diga del Molato è stata costruita circa 100 anni fa. La posa della prima pietra è avvenuta nel 1922 ed è stata completata nel 1928, in piena epoca fascista. A guardare bene, dietro la targa commemorativa in ottone, sul lato in ombra della diga che dà verso la pianura, ancora si erge un gigantesco fascio scolpito in pietra e alto 4 metri. Sulla camminata aperta al pubblico si osserva un panorama eccezionale sulla Val Tidone, tira un vento fortissimo che spazza ogni nube e il cielo è azzurro, il sole è già caldo di primavera, non c'è traccia di pioggia.

La Diga del Molato è una diga a gravità, non è un "muro", ma una struttura a 45°.
La Diga del Molato è una diga a gravità, non è un "muro", ma una struttura a 45°.

La diga un tempo aveva una portata di 10 milioni di metri cubi d'acqua, oggi ne porta 8 milioni; è stata fatta oggetto di una ristrutturazione e di un consolidamento, che hanno dato a questa diga anche una rinnovata capacità di generare corrente elettrica. L'impianto idroelettrico però senz'acqua non funziona e la centrale elettrica che normalmente genera 1 milione e 200mila Kwh all'anno adesso è ferma.

La struttura ad archi che sorregge la Diga.
La struttura ad archi che sorregge la Diga.

Quando i tempi erano migliori, l'impianto scaricava l'acqua in eccesso attraverso un sistema di emergenza che funziona naturalmente ancora oggi, ma che è tristemente vuoto, completamente asciutto. In giro per la rete si trovano le foto della diga quando era al massimo della sua capienza, appena qualche anno fa. Oggi fa impressione vedere il segno dell'acqua che non c'è più sui giganteschi pilastri di cemento e sulle volte a 45° che fanno di questa diga a gravità anche un'attrazione turistica, attraversabile a piedi e in bici.

La Diga del Molato trattiene l'acqua del Fiume Tidone.
La Diga del Molato trattiene l'acqua del Fiume Tidone.

"Non possiamo che sperare nella pioggia – spiega Luigi Bisi – ma non possiamo non riflettere anche sull'incertezza che attanaglia tutto il settore agricolo, l'incertezza di non sapere se ci sarà l'acqua per le colture irrigue, che necessitano di una concentrazione importante di acqua in un periodo molto breve dell'anno. Non possiamo che sperare che le piogge tornino a scendere in modo più uniforme, ma dobbiamo anche ragionare sulla necessità di costruire altri invasi per trattenere la pioggia che arriva, in modo da poter stoccare l'acqua che ci serve per le coltivazioni".

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