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Crisanti: “Vaccino? Bisognerà attendere. C’è stato corto circuito mediatico su tempi”

“Si pensava fosse stato pronto per quest’inverno. Poi adesso ci hanno detto che bisogna aspettare per la prossima estate, e fra poco ci diranno che dovremo aspettare il 2022”. E a proposito delle sperimentazioni, il virologo ha spiegato il perché dell’allungamento dei tempi, anche e soprattutto in merito al caso del vaccino AstraZeneca-Oxford.
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A cura di Biagio Chiariello
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Sui tempi di commercializzazione del vaccino contro il Coronavirus "penso si sia creato un cortocircuito mediatico tra le aspettative della popolazione e la politica. Per cui sembrava che questo vaccino sarebbe stato pronto per quest'inverno. Poi adesso ci hanno detto che sarà pronto per la prossima estate, e fra poco ci diranno che dovremo aspettare il 2022. Questo è normale, non è mai stato sviluppato un vaccino in un anno e mezzo". Lo ha detto il virologo Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia all'Università di Padova, durante la trasmissione Agorà su Rai 3.

"Il ministro della Sanità Speranza – ha aggiunto l’esperto – penso abbia interpretato le aspettative della popolazione e sicuramente in modo molto coraggioso ha investito tantissimi quattrini in questa ricerca, che io raddoppierei proprio perché è difficile fare un vaccino e probabilmente investire tutto quanto in una soluzione pone davanti anche a dei rischi". Nell'ambito delle sperimentazioni, ha proseguito Crisanti spiegando il perché dell'allungamento dei tempi, ogni episodio di reazione avversa come quello verificatosi per il caso del vaccino AstraZeneca-Oxford, "necessita di estendere il campione, perché bisogna dimostrare che quella persona non si è sentita male a causa del vaccino. Quindi – ha concluso l'esperto – bisogna aumentare quello che si chiama il potere statistico dell'analisi e invece dei 50.000 probabilmente dovranno testare 150.000 persone".

Crisanti ha poi detto di attendere "una crescita dei casi" per quanto si rimanga "in una situazione di equilibrio gestibile. Quindi possiamo convivere con bassi livelli di trasmissione, perché 1500 casi non sono paragonabili agli stessi di fine febbraio inizio marzo, quando le persone venivano testate già in fin di vita e quindi mancavano all’appello tutti gli asintomatici. Probabilmente in quei giorni c’erano 35-40mila positivi. Oggi siamo lontani da quei numeri”. Il virologo è intervenenuto ai microfoni di ‘Agorà‘ su RaiTre per fare il punto della situazione sull’andamento dell’epidemia di coronavirus in Italia, dove i casi sono in lento ma costante aumento. L’ultimo bollettino del ministero della Salute parla di 1.597 nuovi casi nelle ultime 24 ore, oltre 150 in più rispetto al giorno precedente.

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