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Crisanti dice che bisogna fare come l’Australia per battere il Covid: lockdown e tamponi a tappeto

Per combattere il coronavirus, secondo il virologo di Padova Andrea Crisanti, il modello è l’Australia. Dove due settimane fa si sono registrati cinque casi e sono state messe in lockdown mezzo milione di persone, facendo nel frattempo tamponi a tappeto: “Si fa così. Dopo un anno ancora non abbiamo imparato”, ha detto.
A cura di Annalisa Girardi
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Secondo Andrea Crisanti contro il coronavirus servirebbe un altro tipo di strategia, più volta a ridurre al minimo i contatti tra le persone. "Con questo tipo di virus avremmo dovuto, e forse siamo ancora in tempo, cambiare strategia e andare verso una strategia che ha l'obiettivo di ridurre al minimo i contatti", ha detto il virologo di Padova in un'intervista con Sky Tg24. Crisanti ha anche sottolineato gli errori che sono stati fatti nel tempo: circa un anno fa l'Italia iniziava a contare i primi casi di Covid-19 e i primi decessi, ma prima di attuare delle misure anti-contagio sono passate oltre due settimane. "Anche durante la prima ondata penso ci sia stato un ritardo per capire la gravità della situazione, sono passati quasi 16 giorni da quando sono stati diagnosticati i primi contagi e si sono verificati i primi decessi al momento in cui sono state prese delle decisioni di carattere strategico per limitare il contagio. Ci siamo illusi per due settimane che potessimo tornare rapidamente alla vita normale", ha aggiunto.

Cosa è successo un anno fa: i primi casi e le misure anti-Covid

A febbraio 2020, quando il Paese si scontrava per la prima volta con il virus originario di Wuhan, non sapevamo ancora leggere i dati dei contagi, in modo da comprendere fino in fondo quanto potesse essere rapida la propagazione dell'infezione. Ma a Vo Euganeo Crisanti era comunque riuscito a gestire la situazione testando prontamente tutta la popolazione in modo da circoscrivere eventuali focolai che c'erano o che sarebbero nati. "A Vo s’è dimostrato che testando tutte quante le persone rapidamente e circoscrivendo il focolaio era possibile abbattere la trasmissione completamente. Dopodiché abbiamo scoperto che c’erano gli asintomatici e ci abbiamo messo mesi per capire qual era il meccanismo, ma mentre noi facevamo fatica a capirlo altri Stati hanno appreso la lezione e ci hanno dimostrato come si fa", ha spiegato.

Il modello australiano e perché non funzionano le tre zone

Ora l'Italia dovrebbe fare lo stesso, guardando agli altri Paesi che sono stati travolti dalle varianti prima di noi. Il modello, per Crisanti, è l'Australia, dove due settimane fa si sono registrati cinque casi e sono state messe in lockdown mezzo milione di persone, facendo nel frattempo tamponi a tappeto: "Si fa così. Dopo un anno ancora non abbiamo imparato", ha sottolineato il virologo. La struttura di aperture e chiusure e il sistema di divisione in tre zone con cui l'Italia cerca ora di piegare definitivamente la curva non va bene secondo Crisanti. Per prima cosa, le mascherine non sono abbastanza. E l'effetto delle zone non è efficace. O meglio, è troppo lento: "Per quanto riguarda il sistema delle zone gialle e rosse, non è ottimale. Non dico che non funzioni ma non è ottimale perché purtroppo ha il difetto di non essere tempestivo. Cioè si basa su parametri che sono abbastanza complessi da reperire, di fatto uno dei dati base è quello dell’Rt ma per calcolarlo ci si basa su dati della settimana precedente".

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