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Covid 19

“Sono anestesista, faccio turni da 20 ore e devo pizzicarmi per capire che è realtà”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera del dottor Mirko Leo, medico anestesista: “Sono a 600 km da mia moglie incinta, a poche settimane dal mio primo incarico sono giù in trincea a fronteggiare l’emergenza COVID-19 con indosso una di quelle belle tutine fotogeniche da film che si vedono in televisione. Ho la necessità di tirarmi un pizzico ogni tanto per aiutarmi a distinguere i sogni dalla realtà. Un po’ come Di Caprio nel film Inception quando fa girare la trottola”.
A cura di Redazione
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Buongiorno, sono Mirco, un anestesista rianimatore di 32 anni. Ho finito lo scorso novembre un percorso durato 11 anni caratterizzato da studi e sacrifici ininterrotti giorno e notte. Per l’assenza di contratti nella mia città sono stato costretto a trasferirmi e ho accettato un contratto pubblico trasferendomi a 600 chilometri di distanza da mia moglie incinta di sei mesi.

A poche settimane dal mio primo incarico sono giù in trincea a fronteggiare l’emergenza COVID-19 con indosso una di quelle belle tutine fotogeniche da film che si vedono in televisione. Ho la necessità di tirarmi un pizzico ogni tanto per aiutarmi a distinguere i sogni dalla realtà. Un po’ come Di Caprio nel film Inception quando fa girare la trottola. Ebbè, non fosse per il dolore vivo provocato dalla morsa delle dita sul lembo di pelle, rischierei di non accorgermi che questa è la realtà e non solo un brutto incubo.

Un paese chiuso. Un coprifuoco da conflitto mondiale del Novecento da farci ridere di quello degli anni di piombo. Tutti i sanitari che mi circondano allo stremo delle forze, non solo fisiche, ma anche emotive. E’sempre bene ricordare che dentro le suddette tutine fotogeniche ci sono persone e dentro quelle persone emozioni e cuori che battono. Mi sono chiesto quindi come nel film Frankestein Junior se potesse andare peggio. Si, ha iniziato a piovere. Come? Nei pochissimi minuti di veglia tra un turno e l’altro apprendo le principali misure straordinarie messe in campo per arginare l’emergenza sanitaria.

In ordine: 1. Specializzandi chiamati (anche dai sindacati) a fare il lavoro degli specialisti. Ma lo sappiamo che in Italia esistono degli specialisti formati, che hanno vinto un concorso, eppure la graduatoria non scorre mai e non vengono chiamati? Forse perché se si assumono loro non possono essere proposti indegni contratti precari? Capisco l’emergenza, ma è molto rischioso inserire in reparto a fare un lavoro estremamente delicato chi non ha ancora le competenze per farlo.

2. Chiamata alle armi dei pensionati. Veramente stiamo chiedendo ai soggetti più a rischio dopo 40 anni di servizio di darci una mano?

3. Contratti per anestesisti di 6-12 mesi non rinnovabili. Ma non ci stavamo dicendo che l’emergenza ci stava insegnando a capire il valore della sanità pubblica?

Si dice che questi contratti varranno per i concorsi, peccato che non vengono più indetti da tempo. Chi ci assicura che lo faranno e che poi i medici verranno effettivamente chiamati da quelle graduatorie?

Da questi punti tralascio la non retribuzione degli straordinari al personale già impegnato sul campo. Mi rendo conto che questo è un momento di sacrifici per tutti in Italia, che molte persone hanno perso il lavoro a causa di questa emergenza, ma penso sia importante parlare anche di questo. I miei turni dovrebbero essere di 12 ore, in regime ordinario non sono mai meno di 13, in queste giornate arrivano tranquillamente a 20 ore. Non riesco a sottrarmi a chi mi chiede di fare qualcosa perché so che dalla mia scelta dipende la vita di una persona. Perché in fondo gli operatori negli ospedali lo sanno che al sistema sanitario tutto è dovuto. E’ sempre il senso di responsabilità individuale a dover mettere le toppe più grosse. Ma non dovrebbe essere così, la responsabilità non può essere solo quella del singolo. Io però non voglio essere un eroe, non ho neanche l’ambizione di vincere il Nobel di medicina. Io vorrei semplicemente fare il mio lavoro con dignità. Non so quando finirà l’emergenza Covid-19, né che fine farà il sistema sanitario nazionale, in questi giorni di grande difficoltà per tutte e tutti sto sviluppando un’unica certezza: andrò con la mia famiglia ovunque io possa essere sia anestesista sia padre.

Dott. Mirco Leo

Un Anestesista Rianimatore qualsiasi.

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