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Covid 19

Maurizio, 38 anni, è la più giovane vittima di Coronavirus in Italia. Il padre: “Può colpire chiunque”

Era in sedia a rotelle dopo essere stato investito a vent’anni e in dialisi, ma all’inizio di marzo ha cominciato a stare male. “Mio figlio aveva un’incredibile voglia di vivere, è stato ucciso dal Coronavirus” dice il padre in una intervista a La Repubblica: “Abbiamo un dovere: restare a casa per combattere il contagio. Non uscire per difendere noi stessi. Per difendere le persone più sfortunate, come Maurizio. O più fragili, perché anziane”.
A cura di Biagio Chiariello
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"Non sappiamo come è stato contagiato. E nemmeno ci interessa. Però vogliamo che tutti devono saperlo: questo è un virus infame, che toglie tutto. Ha tolto la vita a nostro figlio. E a noi, a me e a mia moglie, il diritto di assisterlo, sino all'ultimo minuto. Per questo vi chiedo, vi supplico, questa è una malattia tremendamente seria: restate a casa, per favore. Fatelo voi. Fatelo per chi vi vuole bene". A parlare è il signor Antonio Pinto, padre di Maurizio, 38enne di Turi, in provincia di Bari: è la vittima più giovane da Coronavirus in Italia (insieme al coetaneo bresciano Stefano Amighetti). L’uomo aveva patologie pregresse (era paraplegico e nefropatico, si apprende da fonti locali) e ha perso la vita nella serata di sabato 14 marzo, dopo il ricovero all’ospedale di Putignano e, in seguito, a quello di Bari. "Dicono: il Covid uccide le persone fragili. E, in parte, è vero. Ma noi abbiamo il dovere di difenderle le persone fragili. Anche se Maurizio sapeva difendersi benissimo da solo". Racconta il padre, radiologo assai conosciuto e stimato. Il medico ora è in quarantena con la sua famiglia a Turi, come riporta Repubblica.

Nel 2002 Maurizio era stato vittima di un drammatico incidente stradale. Da allora la sua vita era cambiata. Ma lui non si è fatto abbattere. “Non ha più potuto camminare, non c'era niente da fare. E' stato difficile, moltissimo. Forse più per noi che per lui – dice Antonio Pinto nell'intervista al quotidiano romano – Perché Maurizio non si è mai arreso: ha esercitato ogni giorno il suo diritto a vivere. Anzi, forse, dopo l'incidente ha vissuto anche di più: era felice, determinato e autonomo. Amava stare tra la gente e non ha mai smesso. Nemmeno quando la sua condizione fisica è peggiorata".

Maurizio era in dialisi. La situazione si è aggravata all’inizio di marzo. “Aveva questa febbre Non scendeva e io non me lo spiegavo. Dopo qualche giorno ho capito che c'era qualcosa che non andava e l'abbiamo portato in ospedale. Al Policlinico di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di malattie infettive. Le sue condizioni sono parse subito gravi. Respirava a fatica con l'aiuto del Cpap, il casco respiratorio. Poi venerdì è arrivato l'esito del tampone per il Coronavirus: positivo. Ci hanno cacciato dal reparto, come era giusto fosse. E' stata l'ultima volta che ho potuto vedere mio figlio" ricorda il padre.

L’uomo lavorava presso “Mamma Rosa”, una struttura per anziani di Turi. Tutte le persone che hanno avuto contatti con lui negli ultimi giorni sono stati immediatamente contattate dalle autorità sanitarie e messe in quarantena. "Maurizio è stato ucciso dal Coronavirus” dice il padre. “Poi, certo, la sua era una situazione delicata. Ma prima di quella febbre, era per ristoranti. Il suo unico cruccio era quello di non poter guidare una Ferrari. Era il suo grande sogno. Io non vorrei che questa cosa di dire: "attacca i fragili", sia una maniera per giustificarsi. Per non prendersi le proprie responsabilità. Abbiamo un dovere: restare a casa per combattere il contagio. Non uscire per difendere noi stessi. Per difendere le persone più sfortunate, come Maurizio. O più fragili, perché anziane. Perché malate. A noi questo virus ha tolto un figlio. E il diritto di un genitore di stringergli la mano. Fino alla fine. Per favore, vi prego, fate in modo che non accada più" conclude.

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