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La Festa del papà dell’infermiere Giuseppe: “Mi mancano abbracci dei miei figli”

Giuseppe e la moglie lavorano entrambi in corsia alla Fondazione Policlinico di Milano: “La grande paura? Il rischio di portarsi a casa qualcosa”. “. A tutti i papà oggi dico godetevi i figli finché è possibile e in qualsiasi modo, anche se in questo momento non può esserci un contatto fisico” dice ancora.
A cura di Biagio Chiariello
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Una festa del papà sicuramente diversa, senza abbracci e baci, ma con un affetto che rimane immutato e anzi semmai ancora più intenso a casa Aiello, a Milano. Giuseppe, infermiere della Fondazione Policlinico di Milano e responsabile aziendale Nursing Up, e sua moglie anche lei infermiera, con i loro ragazzi cercano di interagire in maniera diretta il meno possibile, mantenendo le distanze ed evitando i contatti. Una quotidianità stravolta dalla diffusione del coronavirus.

"Soprattutto la piccola di casa, 14 anni – spiega Giuseppe – è molto legata a me. In questo periodo purtroppo siamo costretti a rimanere distanti. Mi manca molto il contatto fisico, ma credo che manchi molto di più a lei. A tutti i papà oggi dico godetevi i figli finché è possibile e in qualsiasi modo, anche se in questo momento non può esserci un contatto fisico. I miei figli comprendono, sanno cosa faccio. Sanno quali sono i rischi che affronto e faccio affrontare anche a loro. C'è sempre il rischio di portarsi a casa qualcosa. Devo dire che i miei figli sono stati i primi a comprenderlo e anche a comportarsi di conseguenza, a non voler uscire, a ricordarmi di indossare sempre la mascherina". I ragazzi hanno fatto al papà gli auguri a distanza. "Sarei più disponibile – aggiunge Giuseppe – a vivere 24 ore su 24 in ospedale, proprio per non rischiare di portare nulla a casa, ma non è possibile. Non c'è proprio lo spazio fisico. Gli spazi si stanno utilizzando per i Covid positivi".

"Quella contro il Covid – sottolinea Giuseppe – è più di una guerra, perché si va in guerra quando si combatte alla pari, noi in questo momento non ci battiamo alla pari. Siamo soldati senza fucili. È come se ci avessero mandato al fronte senza protezione e armamento, è un problema di tutta Italia: i presidi mancano, non ci sono". "Faccio un appello – conclude – aiutateci altrimenti non ce la faremo. Bisogna avere la collaborazione di tutti, uscendo il meno possibile di casa. Non è che non bastino più solo i posti letto, non bastiamo più nemmeno noi come risorse umane. Lavoriamo con poche protezioni, con turni massacranti e purtroppo ci ammaliamo sempre di più".

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