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Covid 19

Giancarlo muore di Covid-19 a 55 anni. “Mio padre abbandonato, non ci dicono la verità”

Kevin Attarantato, pesarese, racconta l’agonia del padre Giancarlo e accusa le istituzioni: “Questa pandemia non è come la raccontano in tv, non so. Ma ognuno è abbandonato a sé stesso”. C’è speranza? “Solo se si interviene in tempo, e con molta decisione” dice il 26enne.
A cura di Biagio Chiariello
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In questi drammatici giorni di pandemia da Coronavirus stiamo raccontato tante, troppo, storie tristi e dolorose. Una di queste è quella di Kevin Attarantato, 26 anni di Pesaro, che ha perso il papà Giancarlo, ucciso dal Covid-19 a soli 55 anni dopo una agonia di venti giorni. Mio padre – dice Kevin al Resto Del Carlino – è morto perché ignorato da tutti quelli che avrebbero dovuto visitarlo, capire il suo male e cercare di aiutarlo, ma non l’hanno fatto. Racconto la sua storia perché nessuno faccia più l’errore, che purtroppo ho fatto io, di affidarsi alle autorità sanitarie anziché agire subito".

"Questa pandemia non è come la raccontano in tv. Forse non vogliono fare allarmismi oppure non trovano il bandolo della matassa, non so. Rimane il fatto che non ci dicono il vero. E ognuno è abbandonato a sé stesso".

Il 28 febbraio Giancarlo Attarantato, responsabile della qualità alla Bulloneria di Chiusa di Ginestreto, torna dal lavoro con la febbre alta."Ma essendo ancora agli inizi di questa pandemia non pensammo subito al Coronavirus – ricorda il ragazzo – Il giorno seguente, visto che la febbre non accennava a diminuire nonostante gli antipiretici, abbiamo interpellato il medico di famiglia che non è mai venuto a visitarlo perché non aveva la mascherina. Ma ci sono un sacco di sanitari che passano ore tra gli ammalati in ospedale, cosa dovrebbero dire loro? Fatto sta che lo ha curato per telefono prescrivendogli tachipirina da 500mg da prendere ogni 4 ore e basta". Dopo tre giorni la situazione peggiora: la febbre sale a 40 gradi, l’uomo perde la voce e non mangia più.

Kevin inizia a sospettare che possa trattarsi di Coronavirsu e chiede di sottoporre il padre al tampone, "ma niente e nessuno ci ha preso mai sul serio. Né il medico di famiglia, né il 118 che ci disse perfino che se ci avessero inviato un’ambulanza per visitarlo più approfonditamente, lo avrebbero portato al pronto soccorso con la certezza che avrebbe preso sicuramente il virus lì nel caso non lo avesse avuto. Mio padre, sentendo questo, si spaventò e preferì non andare". La situazione e il padre viene ricoverato a Urbino, qui arriva il verdetto: Covid-19. Successivamente viene trasferito a Jesi, ma intanto sono trascorsi 10 giorni e le sue condizioni sono diventate gravissime.

Ogni giorno i medici dicevano che perdevano un pezzo. Prima le complicazioni ai reni, poi si è fermato il cuore. E mercoledì 19 marzo, finite le cure per la polmonite, papà ha cessato di vivere. Non me lo hanno passato neanche per l’ultima telefonata. Incredibilmente la sua morte è sfuggita alle statistiche, l’hanno aggiunta solo l’altro giorno: è la vittima numero 274″.

Kevin vuole fare capire a "quelli che ancora pensano che a venti, trenta, quaranta o anche 50 anni si è, non dico immuni, ma almeno si possa salvare la pelle. Non è così. Solo se si interviene in tempo, e con molta decisione, si può avere la speranza di tornare a casa".

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