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Chiude lo stabilimento del caffè Hag. L’operaio: “Italia depredata di un’altra sua eccellenza”

Un tempo era il decaffeinato per antonomasia, ora l’azienda trasferisce la produzione all’estero. Sono 57 i lavoratori del Caffè Hag per cui è stata avviata la procedura di licenziamento collettivo. Tra loro anche Costantino Berardi: “Una doccia fredda per tutti noi”.
A cura di Biagio Chiariello
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Hag ha una storia che risale ai primi del Novecento. Cioè quando l’imprenditore tedesco che ha dato il nome a questa marca di caffè, è riuscito tramite un particolare processo chimico a creare una miscela del famoso “decaffeinato”. Tanto che è, per tutti, noto come il caffè che si può bere “anche prima di andare a dormire”. Una storia lunga cent’anni che ora, almeno sul nostro territorio, rischia di interrompersi.

Sulla base di quell’evento economico tanto temuto che si chiama ‘delocalizzazione’, il gruppo Jde, proprietario del marchio, ha infatti deciso la chiusura della struttura produttiva di Andezeno, vicino Torino, avviando  la procedure di licenziamento per i 57 dipendenti di quella che è l’unica fabbrica italiana dell’azienda (che gestisce anche Caffè Splendid). Tra loro c’è anche Costantino Berardi: “Il nostro stabilimento sorge ad Andezeno circa 60 anni fa. Qui sono nati i caffè HAG e Splendid, marchi importanti e competitivi, pubblicizzati a dovere fino agli anni Novanta. Lo stabilimento è passato di mano in mano diverse volte, fino all’ultimo 4 anni fa, quando la Mondelez lo ha venduto alla Jacobs Douwe Egbert con sede ad Amsterdam. Secondo gruppo al mondo per la produzione di caffè, con quindici stabilimenti in Europa” ricostruisce.

Fino a una decina di anni fa ad Andezeno si producevano 5mila tonnellate di decaffeinato e le stime dell'azienda prevedevano addirittura un incremento. “Da sempre, non solo da quattro anni a questa parte, la nostra azienda ha lavorato a pieno regime – continua Berardi – in 60 anni mai un giorno di cassa integrazione, 3 turni pieni ogni settimana, dalla domenica notte al sabato mattina. Gli operai hanno garantito flessibilità e competenza tanto da ‘festeggiare’ i 1000 giorni senza infortuni”. Non si erano mai avuti segnali di crisi. Per questo l'annuncio dell'azienda è stato accolto come un fulmine a ciel sereno. “Il 25 settembre 2018, tuttavia, in quella che doveva essere un’assemblea di routine in cui discutere il premio di produzione, campanello evidente di efficienza – ci spiega l’operaio – ci hanno comunicato la chiusura dello stabilimento, una doccia fredda per tutti i 57 dipendenti, che mai avevano avuto avvisaglie a riguardo. Una multinazionale che ha marchi italiani, nati e cresciuti qui in Italia, oltre a togliere lavoro, depreda il paese di un’ altra delle sue eccellenze e se ne va”.

I sindacati e le sigle del comparto della produzione del caffè (e quindi dell’alveo alimentare) hanno definito “scellerata” la scelta di spostare altrove la produzione. Flai Cgil, Uila Uil e Rsu, hanno richiesto l'annullamento dell'avvio di tutte le procedure per la chiusura dello stabilimento e per il licenziamento collettivo dei dipendenti e propongono invece l'apertura di un tavolo sindacale per trovare una soluzione. “Domani scioperiamo qualche ora, saremo a Torino alla Regione Piemonte via Alfieri 15 ore 11. Offriremo caffè a tutti, soprattutto ai consiglieri” conclude Berardi.

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