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Bologna. Uccise il coetaneo sedicenne con la pistola del padre: condannato a 14 anni e 8 mesi

Il delitto sfociato al termine di una lite per un debito che il giovane assassino aveva nei confronti della vittima, come dimostrerebbero anche le chat mostrate in tribunale. Il corpo di Giuseppe fu ritrovato una decina di giorni dopo la sua scomparsa in una pozza nei pressi del giardino di casa a Castello di Serravalle.
A cura di Biagio Chiariello
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Giuseppe Balboni
Giuseppe Balboni

14 anni e otto mesi. Questa la sentenza di condanna pronunciata dopo circa un’ora di camera di consiglio dal Gup del tribunale per i minorenni di Bologna a carico del 16enne reo confesso imputato per l'omicidio di Giuseppe Balboni, anch'esso 16enne, avvenuto a Castello di Serravalle, nel Bolognese, lo scorso autunno. Il pm dei minori aveva chiesto 18 anni, con l'aggravante dei futili motivi ma senza l'ipotesi della premeditazione, ipotesi invece avanzata dai legali della famiglia Balboni, i legali Domenico Morace e Francesca Lamazza. Tra i due giovani, conoscenti, secondo le indagini ci sarebbero state questioni in sospeso legate a del denaro. “Per noi si tratta di una sentenza troppo lieve. Auspichiamo almeno che possa servire a evitare ulteriori tragedie come quella di Giuseppe”, hanno fatto sapere i coniugi Balboni, tramite i propri legali. Gli stessi avvocati ora attendono “con ansia le motivazioni del gup, per cercare di capire come si è arrivati a questa pena, a fronte delle accuse di omicidio aggravato, occultamento di cadavere e spaccio di stupefacenti”.

L'omicidio del 16enne Giuseppe Balboni

Il corpo di Giuseppe Balboni, residente con la famiglia a Zocca, nel Modenese, venne ritrovato in un pozzo nel giardino di casa a Castello di Serravalle una decina di giorni dopo la notizia della sua scomparsa. Il giovane sarebbe dovuto andare a scuola, ma in classe non era mai arrivato. Alle 7 del mattino aveva un appuntamento a casa dell'altro 16renne, per parlare del debito che c'era tra i due, con Balboni che pretendeva i soldi, circa 250 euro, e l'altro che si rifiutava, come si evince anche dalle chat mostrate dagli avvocati della vittima in tribunale. L'imputato, fermato il 24 settembre, ha confessato, sostenendo in un primo momento la tesi della legittima difesa. Non solo il pm non gli ha creduto, ma in un primo momento gli è stata contestato anche la premeditazione, aggravante poi caduta nei successivi atti di accusa per mancanza di prove certe. Giuseppe sarebbe stato ucciso a colpi di pistola. Arma di proprietà del padre dell’imputato.

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