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Anna, la prima assistente sessuale per disabili in Italia: “Insegno l’intimità e l’eros”

Anna Senatore, operatrice olistica, è una delle 16 persone iscritte al primo corso per OEAS (operatore all’emotività, all’affettività e alla sessualità) organizzato da LoveGiver. Per otto mesi ha incontrato Matteo, 39enne tetraplegico del Parmense: “Mi chiedo come ho fatto a vivere queste esperienze solo a questa età”. A differenza dell’immaginario collettivo, i due non hanno avuto alcun rapporto sessuale, che non è neanche previste dal protocollo così come il sesso orale.
A cura di Beppe Facchini
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Anna e Matteo non hanno mai consumato alcun rapporto. Il ruolo dell’operatore sessuale, a differenza di quanto si possa immaginare, non è quello di insegnare alle persone con disabilità come si fa l’amore. E a spiegarlo è Anna Senatore: vive a Ferrara ma è originaria di Salerno. Ha 46 anni, tre figli e nella vita è un’operatrice olistica. Attualmente è prima tirocinante assistente sessuale in Italia. Ha seguito il corso organizzato da LoveGiver, l’associazione che da anni si batte per il riconoscimento nel nostro Paese di questa figura ancora deregolamentata, e per otto mesi ha incontrato Matteo Salini, 39 anni, tetraplegico con una laurea in psicologia che vive nella provincia di Parma. “Grazie a lei ho potuto sperimentare delle cose che altrimenti non avrei mai fatto” racconta Matteo. E, ancora una volta, non si sta parlando di sesso.

Il ruolo di un OEAS (operatore all'emotività, all'affettività e alla sessualità, è questo il nome tecnico della figura) è piuttosto quello di dare un “supporto sentimentale, affettivo ed erotico”, chiarisce Anna, a persone che a causa della propria disabilità spesso si sono ritrovati a fare i conti con dei veri e propri muri di pregiudizi quando si parla di amore, sesso, intimità. Durante i loro incontri, dunque, si è parlato molto delle necessità di Matteo, si è sperimentato il contatto con le mani, lo sfioramento, il contatto visivo, ma mai si è arrivati a rapporti sessuali completi. Anche perché il protocollo di LoveGiver (16 gli iscritti al primo corso organizzato in Italia) li vieta, così come il sesso orale.

“L’errore più comune è pensare che ci sia un solo incontro” continua Anna, che per via della sua scelta di sposare il progetto ha anche dovuto fare i conti con alcuni pregiudizi e questioni personali. Fra chi continua erroneamente intendere la figura dell’assistente come quella di una persona che deve solo soddisfare le necessità sessuali di una persona disabile e il suo oramai ex compagno che non è proprio riuscito ad accettare tutto questo. “Il più delle volte le persone che chiedono assistenza non è per vivere un rapporto sessuale –spiega ancora Anna-, ma è per far sì che si possa arrivare ad uscire con una ragazza e poter interagire, fino ad arrivare a vivere con lei l’intimità. Ma non fa l’amore perché l’assistente ha insegnato a farlo”.

Un assistente può anche aiutare le persone con disabilità a capire come masturbarsi, se necessario. Ma non è stato il caso di Matteo, che dopo tutti gli incontri necessari ha toccato il seno di Anna, sì, ma non si è mai andati oltre. Sarà lui, adesso, facendo tesoro di quanto compreso durante il percorso, a dover fare da solo i passaggi successivi. Matteo dopo Anna ci ha anche provato, racconta, ma la relazione con un’altra ragazza disabile che ha conosciuto in questi mesi non è andata bene. Cose che capitano, a chiunque.

L’affiancamento con un OEAS non è per tutti, ma solo per chi, come il 39enne parmense, che già vive fuori casa, si sta avviando verso una sempre maggiore autonomia. Anna, che non ha ancora terminato il tirocinio e che durante il percorso con Matteo è stata sempre seguita dal tutor Fabrizio Quattrini, sessuologo, psicologo e vicepresidente di LoveGiver, ci tiene a precisarlo.

“Anna mi ha portato dal codice A al codice D e si è dovuta fermare perché il progetto non prevedeva altro –conclude Matteo, protagonista con la sua assistente anche di una puntata della serie "Il corpo dell'amore" realizzato da Deriva Film per Rai3-. Io però chiedo altro alla persona che verrà”. È un suo diritto? No: è una cosa normalissima.

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