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Opinioni
News sull'omicidio di Alice Scagni a Genova

Alice Scagni, se le grida dei genitori fossero state ascoltate non conteremmo l’ennesima donna uccisa

Le segnalazioni fatte dai genitori di Alice e Alberto Scagni testimoniano come, con il senno di poi, la morte di Alice potesse essere evitata. Che cosa non ha funzionato nel sistema?
A cura di Anna Vagli
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La frase "ennesima strage che poteva essere evitata" finisce troppo spesso con il ridursi a mera retorica. Eppure, quel "signora, non famola tragica" rischia di rimanere sulla coscienza di chi ha ignorato le richieste di aiuto della madre di Alice e Alberto Scagni. Proprio Alice uccisa con una tempesta di coltellate, ben diciassette, per mano del fratello. Tre sono state le volte in cui Alberto, in meno di ventiquattro ore, ha minacciato di morte i suoi familiari per ottenere dei soldi. E ben cinque le volte in cui i genitori si sono appellati alla polizia affinché impedisse il tragico epilogo. Avevano più volte palesato le minacce del figlio sulla volontà di tagliargli la gola laddove non avessero elargito il denaro richiesto. Ma quelle intimidazioni non erano state ritenute fondate dalla polizia. Di lì la decisione di quest'ultima di non intervenire. Nonostante tutte le minacce delineassero un quadro clinico preciso.

E allora c’è da chiedersi dove si è inceppato il meccanismo. Evidentemente, con il senno del poi, è verosimile ipotizzare che la polizia non abbia analizzato gli episodi violenti nel loro insieme. Ma, al contrario, li abbia presi in considerazione singolarmente. Impedendo così che un soggetto chiaramente psichiatrico come Alberto fosse attenzionato dal Centro di Salute Mentale di Genova.

A questo punto resta un interrogativo. Perché una rabbia così feroce nei confronti della sorella?

Alice costituiva per Alberto esclusivamente un mezzo per soddisfare i suoi personali bisogni economici. Bisogni che hanno trasformato la violenza fino a diventare assassina. Alla base, però, anche il risentimento nei confronti di chi della famiglia aveva una vita felice. La giovane donna, infatti, rappresentava per il fratello lo specchio dei suoi fallimenti. Ma soprattutto lo spettro di quella felicità che era consapevole non avrebbe mai sperimentato. Dunque, la frustrazione mista all’invidia ha spinto l’uomo a identificare l’eliminazione della sorella come il giusto mezzo per ottenere ciò che desiderava.

Una scarica fatta di diciassette coltellate sortita dalla mano omicida di Alberto. Un soggetto sicuramente incapace di gestire il rifiuto e in nessun modo in grado di accettare un "no". Specie se la negazione aveva a che fare con i soldi. Negli anni non ha mai smesso di rivendicare il diritto di essere mantenuto dai suoi famigliari e, quando questi ultimi respingevano le sue richieste, controllarlo era pressoché impossibile. Certamente, la sua, una personalità aggressiva che ambiva a stare sempre al centro dell’attenzione e si serviva della paura suscitata negli altri per ottenere ciò di cui aveva bisogno. Un soggetto particolarmente disturbato, con tratti borderline di personalità e drammaticamente pericoloso.

Tirando le fila, sfuggono all’umana comprensione le ragioni per le quali le richieste di aiuto, avanzate da un cittadino nel 2022, non vengano prese debitamente in considerazione. Le forze di polizia devono ricevere una formazione congrua per riconoscere ed eliminare sul nascere i segnali di una tragedia come quella avvenuta a Genova. E devono farlo con tempestività. Se le grida d’aiuto dei genitori fossero state ascoltate non conteremmo l’ennesima donna uccisa.

Così, oggi, l’inchiesta si svolge su due binari paralleli. La prima ha portato all’arresto di Alberto quale assassino della sorella Alice, la seconda è incentrata sul mancato intervento delle forze dell’ordine. I reati ipotizzati dalla procura di Genova sono gravissimi: omissione di atti d’ufficio e omissione di denuncia di polizia giudiziaria.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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